Mentre il paese scandinavo impone nuove leggi sui data center per frenare l’attività, quello africano si apre a questa industria, puntando a diventare leader mondiale del settore.
Il mining di Bitcoin sta ponendosi sempre più al centro di una riflessione globale sul suo impatto energetico e ambientale. Un dibattito vivo, che si sta traducendo pian piano in una spaccatura che ha, di fatto, creato due poli. Da una parte, ci sono alcuni paesi occidentali che stanno introducendo normative severe per limitarne l'espansione; dall’altra ci sono nazioni, in particolare alcuni paesi in via di sviluppo, che invece vedono nel mining un'opportunità per catalizzare investimenti e sfruttare risorse energetiche spesso inutilizzate.
La regolamentazione norvegese
La Norvegia, in questo quadro, rappresenta un caso emblematico di come un paese sviluppato possa adottare un approccio restrittivo verso il mining di Bitcoin. Nel paese scandinavo, infatti, è stato approvato un nuovo indirizzo legislativo che imporrà regolamentazioni più rigorose ai data center che operano all'interno del paese. La legge in questione, infatti, prevede la registrazione ufficiale di tutti questi data center e la richiesta di informazioni sui loro proprietari, sui responsabili e sui servizi digitali offerti. Un passaggio, quello appena sintetizzato, che sicuramente non passerà inosservato a livello internazionale per un motivo abbastanza evidente: quella scandinava, in sostanza, diventa la prima nazione europea a stabilire un quadro normativo completo che regolamenta (anche) le attività di mining. Parliamo di un'industria che in Norvegia, almeno fino a questo momento, ha vissuto sostanzialmente nel caos della non regolamentazione, come ha evidenziato lo stesso Terje Aasland, ministro dell'Energia del paese. Con la nuova legislazione, insomma, il governo di Oslo spera di fornire al mosaico politico-normativo una migliore panoramica dei data center di ogni comune, garantendo una base più solida per accogliere o rifiutare, eventualmente, le loro operazioni.
L'apertura dell’Etiopia
Nell’altra metà esatta del campo da gioco, volendo insistere sulla metafora calcistica, c’è invece l'Etiopia: il paese africano ha adottato una politica di apertura molto consistente verso il mining di Bitcoin, intravedendo in questa attività un motore di sviluppo economico e tecnologico che rappresenta, stando all’indirizzo strategico intrapreso, un’opportunità da non lasciarsi sfuggire. Con la firma di un memorandum d'intesa per un investimento da 250 milioni di dollari con un'azienda di Hong Kong, l’Etiopia punta, in sostanza, a erigere infrastrutture all'avanguardia per il data mining e per il training di intelligenza artificiale. Questa mossa, in realtà, è parte di una strategia più ampia che mira ad attrarre investimenti esteri, sfruttando i costi energetici competitivi e le abbondanti risorse idroelettriche. Come ha sottolineato Kal Kassa, CEO per l'Etiopia di Hashlabs Mining, «lo sviluppo fa parte dell'obiettivo del governo etiope di guidare la crescita economica facendo leva sulla tecnologia e sulle fonti energetiche per attrarre investimenti stranieri». Secondo i dati snocciolati dalla società di servizi per il mining di Bitcoin, Luxor Technologies, l'Etiopia si posizionerà a stretto giro al quarto posto - dopo Stati Uniti, Hong Kong e Asia - tra le principali destinazioni per gli impianti di mining di Bitcoin. La società russa di bitcoin mining Bitcluster ha già costruito il primo impianto di bitcoin mining da 120 MW e aziende come Hashlabs Mining hanno iniziato a costruire miniere di bitcoin in Etiopia per i loro clienti globali.
Sostenibilità e mining di Bitcoin: i dati a supporto della correlazione
Volendo ulteriormente entrare nel merito della questione, contrariamente alle percezioni comuni, il mining di Bitcoin sta dimostrando sempre più di potersi effettivamente rivelare - e non è un paradosso - una delle industrie più 'green' in assoluto. Studi recenti, come il rapporto di KPMG e le ricerche di Cambridge University e Bloomberg Intelligence, hanno infatti dimostrato che l'impatto ambientale del Bitcoin è inferiore a quanto precedentemente stimato. E qui lo scenario che si apre, chiaramente, potrebbe stravolgere totalmente il quadro generale e la percezione - ancora assai diffusa - di una ricaduta molto negativa, in termini ambientali, delle attività di mining. Già, perché in effetti gli studi citati evidenziano come il mining di Bitcoin possa contribuire alla stabilizzazione delle reti elettriche, alla riduzione delle emissioni di metano e alla promozione di un maggiore utilizzo di energie rinnovabili. Il contrasto tra le politiche norvegesi e quelle etiopi riflette, in sostanza, una divisione, che si fa sempre più ampia, tra stati occidentali e paesi in via di sviluppo riguardo la gestione delle risorse energetiche in relazione al mining di Bitcoin. Nazioni come la Norvegia cercano di equilibrare progresso tecnologico e protezione ambientale mentre, a Sud del mondo, come in Etiopia, il governo accoglie il mining interpretandolo come una leva concreta per il progresso economico. Ed è qui che emerge un tema affascinante: il potenziale del mining di Bitcoin di fungere da catalizzatore per un futuro energetico più sostenibile, sfidando le narrazioni tradizionali sull'impatto ambientale delle criptovalute.