Quando pensi agli sgarbati, la tua mente dove corre? Non hai che l’imbarazzo della scelta, non è vero?
Ci sono i cafoni, gli arroganti, quelli che credono che il mondo gli giri attorno, quelli che la mattina si alzano con il piede sbagliato e quindi tutti devono pagare per il loro stato d’animo.
Oppure quelli a cui non gli importa di te, chi ti supera al supermercato dopo venti minuti che attendi pazientemente il tuo turno, oppure quelli a cui non interessano le regole e parcheggiano sui binari del tram, così che tu arrivi al lavoro con un’ora di ritardo.
Magari pensi a quelli che hanno bisogno di tenerti sveglio, in treno, facendoti ascoltare vari pettegolezzi o a quelli che sono così di fretta che entrando in un palazzo ti sbattono la porta in faccia, senza poi contare quelli che adorando la solitudine quando sono in ascensore e vedendoti arrivare pigiano sul pulsante chiudere le porte, e ti guardano come se fosse stato colpa di una forza divina.
Poi abbiamo anche i magnifici, quelli che in macchina sono improvvisamente posseduti dallo spirito di Clay Regazzoni o di Niki Lauda e iniziano a innescare una gincana con te al centro e il tuo cuore sembra uscire dal petto per gli spaventi che prendi.
E infine, i peggiori, quelli che ti dicono: «Coraggio, ti sono vicino…», per poi poche ore dopo parlar male di te con altri.
Il popolo degli sgarbati è dunque molto ampio e variopinto, e non conosce distinzione di sesso, età o nazionalità.
Forse l’unica scusante la si può trovare nella cultura, perché quello che vale a casa mia non necessariamente vale altrove, e i comportamenti e le abitudini possono dunque essere diverse.
Andando a Mumbai, in India ci si potrebbe chiedere: «Come mai gli indiani così spirituali e attenti agli altri quando si urtano non si degnano nemmeno di uno sguardo e neppure si scusano?» La risposta si trova nel fatto che in India la popolazione è forse di un miliardo e due, un miliardo e tre? Sono tanti, è chiaro che ci si urta, per cui le scuse sono sottointese, altrimenti passerebbero il tempo a scusarsi.
Se nel passato la piramide sociale vedeva proprio i cafoni, ovvero i contadini all’ultimissimo gradino; questo perché i gentili erano i contadini quelli lontani da Roma e quindi dalla Grazia di Dio; oggi questa distinzione non vale più, la piaga della cafonaggine colpisce chiunque, senza distinzione, se trova indebolite le barriere di difesa.
Queste barriere corrispondono al livello di gentilezza che abbiamo e a quanto riusciamo a mantenerlo alto. Se questo si abbassa troppo, la piaga si diffonde, e allora tutto è perduto.
Nel prossimo articolo parleremo proprio di queste barriere e del come una persona passa dall’essere gentile all’essere sgarbato.
Cristina Milani
Fondatrice e Presidente Gentletude
e già Presidente del World Kindness Movement
Articolo pubblicato grazie al supporto di: Point Service – mySanitek