Luca Soncini analizza il crack Svb: dalle cause ai suoi effetti, presenti e futuri. «Casi isolati di errori gestionali con impatto globale»
LUGANO - «Basandosi su quanto si è letto e sentito finora, si è trattato di un grossolano errore nella gestione dei rischi di bilancio, sfuggito agli elementari controlli di una sana gestione». È questa la spiegazione che Luca Soncini, docente di finanza all’Università della Svizzera Italiana, dà relativamente alle cause che hanno portato al crack della Silicon valley Bank.
«Il problema - continua il membro del CdA di BancaStato - è che il caso si è esteso ed è diventato, se non sistemico, almeno virale, provocando due fenomeni: la corsa agli sportelli in alcune banche americane - tre istituti hanno chiuso i battenti e un paio d’altri barcollano - e il tonfo nelle borse mondiali dei titoli del settore. L’idea che mi sono fatto è che basta poco, in questo caso un errore aziendale a livello della gestione dei rischi di tasso e di liquidità in una banca d'importanza media, per generare problemi estesi ovunque».
Quanto accaduto può contagiare il sistema bancario mondiale, come avvenuto per la Lehman Brothers (2008)? Del resto la Signature Bank di New York è stata chiusa dalle autorità americane in quello che è dunque il secondo grande fallimento in tre giorni.
«Può, ma non penso che avverrà. Può avvenire perché il mercato della finanza è uno e interconnesso e, quindi, il contagio è possibile. Ma soprattutto quanto avvenuto dimostra che la fiducia nella finanza rimane fragile, a maggior ragione dopo un periodo di oltre 7 anni con il costo del denaro negativo o irrisorio che ha gonfiato tutti i volumi sottostanti l’attività bancaria (e sostenuto la generazione di utili altrimenti non evidenti)».
Il Tesoro, la Fdic e la Fed hanno annunciato che tutti i depositi presso Svb saranno rimborsati, quindi anche quelli sopra il 250mila dollari, assicurati dalla Federal Deposit Insurance Corp. Inoltre la Banca centrale mette a disposizione una nuova finestra di liquidità per aiutare le banche a rispondere alle richieste dei clienti in fuga. Crede sia sufficiente per arginare un rischio sistemico?
«Il segnale è sicuramente forte e praticamente obbligato, dovrebbe far tornare la calma e la consapevolezza che le banche chiuse sono di dimensioni ridotte e rappresentano casi estremi. Ma certo quanto avvenuto è incredibile, mette in discussione tutta la catena di controllo di questi istituti, compresi revisori e regolatori e fa riflettere sui fenomeni sociali e psicologici della finanza: la corsa agli sportelli, che oggi si fa col tablet».
Si parla di rischio contagio un po' ovunque e in modo generalizzato: quali possono essere le conseguenze per le banche svizzere?
«Qui la risposta mi sento di darla secca: nessuna»
Parliamo invece degli inevitabili contraccolpi, cosa dobbiamo aspettarci?
«I contraccolpi ci sono già stati: tutte le borse in calo, i titoli bancari in primis, con una ripresa già ieri. Ma soprattutto si deve riflettere su alcuni temi: prima di tutto che i rischi in giro sono tanti e non sempre sotto controllo; secondariamente che la fragilità permane e un inciampo di un attore, anche secondario, può fare male a tutti. E infine, che anche i regolatori continueranno ad affinare i loro strumenti di supervisione, specie, spero, negli Usa, sempre in ritardo nell’applicare le regole e l’abbiamo visto anche con Basilea III».
Paradossalmente, questa insicurezza delle banche Usa potrebbe invece tradursi in un "flight to quality" verso orizzonti europei considerati meno rischiosi, e dunque Svizzera in primis?
«Chi si presenta solido, ben gestito, come singolo istituto o come piazza raccoglie sempre consensi tra chi cerca sicurezza. Questo caso non genererà, penso, grandi voli. Questa turbolenza rafforza chi punta su regole per avere banche ben capitalizzate - per assorbire eventuali perdite -, ben gestite (Governance), dentro un contesto di Piazza e Sistema che sia regolato e con la giusta mentalità. Assicurando la protezione dei vari stakeholders: risparmiatori, investitori, impiegati e le altre banche. C'è da aspettarsi, come sempre avviene in questi casi, che chi è chiamato a trarre lezioni (lessons learned), affini regole e controlli.
Negli USA, come in Europa».