L'iniziativa è stata bocciata. Cosa cambia ora per la SSR e RSI? La cronaca. I delusi. I soddisfatti. E il nuovo percorso che l'azienda radiotelevisiva dovrà ora iniziare
Dopo aver calamitato l’attenzione politica e mediatica degli ultimi mesi, i cittadini svizzeri si sono espressi sull’iniziativa “Sì all’abolizione del canone radiotelevisivo”, più comunemente nota come iniziativa “No Billag”. E il risultato scaturito dalle urne non lascia dubbi: una chiara maggioranza della popolazione elvetica (71,6%) ha bocciato l'idea di abolire il canone radiotelevisivo. E lo ha fatto con convinzione in tutti i cantoni, Ticino compreso, dove è mancato il voto di protesta da alcuni sperato e da altri temuto.
L'esito del voto è inequivocabile, con differenze regionali tutto sommato limitate. L'opposizione è stata decisamente marcata in Romandia: Neuchâtel (78,3% di no), Giura (78,1%) e Friburgo (77,6%) seguiti a ruota dai Grigioni (77,2%) e Vaud (76,5%). Cantoni in cui vi sono minoranze linguistiche particolarmente sensibili al tema.
Ticino fra i meno convinti - I no meno convinti sono giunti da Svitto (62,1%) e da Sciaffusa (62,7%). In terza posizione si piazza il Ticino, dove le schede negative sono state il 65,5%: particolarmente presa di mira negli ultimi mesi, la RSI si vede quindi sostenuta da due votanti su tre, un risultato probabilmente insperato alcuni mesi fa.
Appare lontano lo shock del 14 giugno 2015, quando il cantone italofono aveva respinto (52,0%) la modifica della legge sulla radiotelevisione, che prevedeva il passaggio a un prelievo generalizzato per tutte le economie domestiche e le imprese di una certa grandezza. A livello nazionale la normativa era passata per un soffio: 50,1% di sì, meno di 4000 schede di differenza.
Contrariamente ad allora oggi il risultato è fin da subito apparso chiaro. Alla fine dello spoglio i sì sono stati 833'630, i no 2'098'139: una differenza di quasi 1,3 milioni di schede.
Partecipazione alta - Anche il dato relativo alla partecipazione mostra quanto il tema fosse sentito a sud delle Alpi. Se in Svizzera si è attestata al 54,1%, in Ticino è stata del 64,8%. Numeri che non si vedevano dalla votazione del 9 febbraio 2014 sull’iniziativa “Contro l’immigrazione di massa”. Solo a Sciaffusa la mobilitazione è stata maggiore, ma in quest’ultimo Cantone è prevista una multa se non si vota.
È indubbio che il risultato della votazione rappresenti per la SSR l’inizio di una nuova era. Lo sanno bene i dirigenti dell’azienda, che in una conferenza stampa hanno dichiarato che «la vittoria dei no all’iniziativa No Billag non è un traguardo, bensì solo l’inizio». L’inizio di un nuovo percorso in cui la « SSR si adatterà alle nuove condizioni quadro e ai nuovi bisogni della società dando il via a tre grandi pacchetti di riforme». In sostanza l’azienda intende ridurre i propri budget «Dobbiamo adattarci al calo dei proventi del canone» ha spiegato il direttore Gilles Marchand. Tale piano permetterà alla SSR di concentrarsi meglio su tre missioni: investire in un'informazione indipendente ed equilibrata alla quale sarà consacrato il 50% delle entrate derivanti dal canone; realizzare produzioni culturali, in particolare film e serie TV svizzeri; in terzo luogo, l'adeguamento della propria offerta digitale ai bisogni della società attraverso la creazione di una efficiente piattaforma multilingue. Tra le novità annunciate ci sarà la rinuncia ad interrompere i film con blocchi pubblicitari a partire dal 2019.
Darà libero accesso ai propri archivi audiovisivi, analogamente a quanto accade per l'offerta di video d'informazione. Il direttore della SSR Gilles Marchand ha interpretato il voto come un segnale forte per il servizio pubblico, per le radio e televisioni regionali, nonché per l'insieme della società svizzera. L'ente ha comunque ribadito la volontà di prendere sul serio le critiche che le sono state mosse durante la campagna di votazione. L’obiettivo della SSR sarà ridurre la spesa, risparmiando 80 milioni con conseguenze anche sull'organico, rinuncerà alle pubblicità durante i film e potenzierà la collaborazione con gli altri media.
Maurizio Canetta: «Se da parte nostra c’è stato un errore, è stato di aver troppo spesso pensato che fosse semplice riuscire bene nel nostro lavoro, quindi adempiere alla missione di servizio pubblico. Tutta la Svizzera ha detto forte e chiaro di volere un sistema mediatico radiotelevisivo basato sul servizio pubblico, sulla solidarietà fra le regioni, sulla cooperazione tra pubblico e privato. Questo voto non è e non sarà mai un assegno in bianco né per la SSR né per la RSI, sappiamo che la rivoluzione digitale è in atto, ci stiamo lavorando. È nostra intenzione dare ascolto alle richieste di cambiamento avanzate anche nel corso del recente dibattito in vista delle votazioni. Ora dobbiamo definire il nuovo modo di interpretare, condurre e praticare il servizio pubblico.Quella sul servizio pubblico è una discussione enorme, che si sta portando avanti in tutta Europa. Credo comunque che sia la qualità di essere a disposizione di tutti i pubblici, con la messa in pratica dei valori stabiliti dalla concessione. La capacità di fornire al pubblico gli elementi per formarsi un’opinione». E non solo: «La concessione prevede che il pubblico sia anche intrattenuto, quindi anche l’intrattenimento, la cultura e lo sport sono parte del servizio pubblico».
L’intero Consiglio di Stato ticinese ha espresso soddisfazione per l’esito della votazione. La decisione di respingere l’iniziativa, ha spiegato il Governo «consente di riaffermare l’attaccamento della popolazione al servizio pubblico e all’attuale meccanismo di finanziamento della SRG SSR RSI e delle emittenti private». Una vittoria del no che «riafferma con la massima chiarezza possibile l’attaccamento della Confederazione e del Canton Ticino all’emittente pubblica e al finanziamento complementare delle emittenti private», un risultato quello odierno che «valorizza il ruolo della RSI e delle emittenti private del Cantone, aziende che svolgono un ruolo di primo piano nel tessuto economico e nella realtà culturale del Ticino».
Chi oggi era particolarmente soddisfatta è Doris Leuthard che in questi mesi si è battuta in prima persona contro l'eminazione del canone radiotelevisivo. Il ministro delle finanze non ha mostrato eccessiva meraviglia per l'esito della votazione, a suo parere quasi scontato e che nella campagna di votazione non ha suscitato soverchie discussioni.
Il rifiuto dell'iniziativa non deve impedirci di pensare all'evoluzione del paesaggio audiovisivo, ha esordito la ministra delle comunicazioni, che si è detta pronta a proseguire le discussioni su questa materia, sperando che nei prossimi mesi si possa entrare nel merito delle questioni.
La digitalizzazione va avanti e le abitudini degli utenti cambiano; Internet va acquistando un peso sempre maggiore e il prossimo grande cantiere riguarderà la nuova legge sui media elettronici. Il Consiglio federale sta già esaminando i dettagli. E' importante - ha aggiunto la Leuthard - che ci sia un'ampia offerta in tutte le regioni linguistiche.
La consigliera federale popolare democratica, a tratti tossicchiante, cui le è stato contestato di immischiarsi troppo nelle vicende dalla SSR, ha annunciato che sarà costituita una commissione indipendente, incaricata di distribuire i mandati di prestazione e quindi anche la concessione della SSR. Interrogata su una nuova riduzione del canone dopo il 2019, la Leuthard ha affermato che essa rimane un obiettivo da perseguire, ma non se ne parla di esonerare le aziende. Il popolo ha detto due volte che anche le aziende sono assoggettate al canone.
Alan Bühler: «Sicuramente speravamo in un risultato migliore, ma ci aspettavamo che sarebbe andata così. D’altronde non poteva andare altrimenti, considerando la mostruosa propaganda dei contrari, che ha eventualmente potuto contare anche sul sostegno della RSI. Ora i cittadini si aspettano quindi i cambiamenti che negli scorsi mesi sono stati promessi dalla SSR. Promesse fatte soprattutto dalla dirigenza nazionale, poco nulla da quella regionale» sottolinea Bühler. «Non credo che tutti i contrari volessero dare pieno sostegno alla RSI, ma piuttosto una seconda possibilità».
La Lega dei Ticinesi preferisce guardare il bicchiere mezzo pieno e sottolinea come la percentuale del sì sia stata superiore alla media nazionale di circa 5 punti: «Un risultato tutt’altro che scontato, soprattutto se si considera la clamorosa sproporzione tra gli schieramenti in campo» ha fatto sapere in un comunicato stampa. «Tutti gli altri organi di stampa, sia elettronica che cartacea che online, hanno combattuto attivamente l’iniziativa, non risparmiandosi ricatti e fake news». Critiche vengono rivolte all’indirizzo della RSI. «Per mesi si è prodotta in un vero e proprio lavaggio del cervello all’indirizzo degli spettatori. Contro l’iniziativa si è schierato, con un’isteria senza precedenti, l’intero establishment, puntellato da una miriade di associazioni piccole e grandi. Si è creato uno scenario di tipo “bulgaro”». La questione non si chiude dunque qui. «Costringere tutti i residenti in Svizzera a pagare il canone più caro d’Europa per finanziare una SSR di dimensioni spropositate, anche se non si seguono i suoi programmi, non è più accettabile nell’era della digitalizzazione e del “chi consuma paga”. La Lega dei Ticinesi continuerà dunque a fare battaglia affinché il canone radioTV venga sensibilmente ridotto «augurandosi che l’iniziativa popolare per abbassare il balzello ad al massimo 200 Fr all’anno venga lanciata quanto prima».
L'UDC ha colto invece aspetti positivi in questo votazione. Durante la campagna SSR, Consiglio federale e partiti hanno fatto promesse che ora dovranno mantenere, affermano i democentristi. "Non ho mai pensato che l'iniziativa potesse essere accettata", ha detto Natalie Rickli. Secondo la consigliera nazionale zurighese il testo era troppo radicale per ottenere una maggioranza. "Non pensavo che la popolazione fosse pronta a riformare il sistema così rapidamente". "Eravamo in anticipo sui tempi", ha aggiunto Rickli.
La bocciatura dell'iniziativa "No Billag" in Ticino è stata accolta con un sospiro di sollievo dai parlamentari federali. Questo risultato molto netto "è una grossa sorpresa", ha dichiarato la consigliera nazionale Marina Carobbio (PS/TI). "I ticinesi sono coscienti dell'importanza di una radio e di una televisione pubbliche e di un servizio pubblico nel panorama mediatico attuale, e questo malgrado la propaganda della Lega e dell'UDC", ha precisato. Anche il consigliere agli Stati Filippo Lombardi (PPD/TI) è molto soddisfatto dell'esito del voto, anche se non ha "mai dubitato che l'iniziava sarebbe stata bocciata anche in Ticino". Un risultato così chiaro mostra quanto la popolazione si identifichi con la radio e la televisione pubblica. Anche i giovani si sono dimostrati molto maturi e non hanno seguito le parole d'ordine dei giovani UDC e PLR, secondo Lombardi.
Il PPD: «L’odierno risultato, chiaro e indiscutibile, dice che i ticinesi e gli svizzeri hanno a cuore il servizio pubblico.Un servizio fondamentale in una nazione come la nostra, dove coabitano diversità linguistiche e culturali. Il servizio pubblico rappresenta un irrinunciabile quanto prezioso collante in grado di far coesistere, discutere, conoscere e incontrare le diverse componenti del paese. I ticinesi e gli svizzeri si sono così opposti allo scenario, poi nemmeno tanto sconosciuto alle nostre latitudini, di un’informazione dettata e condizionata dalle disponibilità finanziarie di gruppi privati».
Il Partito socialista: «Siamo molto soddisfatti cheche il popolo si sia espresso in modo «inappellabile» per la salvaguardia del servizio pubblico, in favore di un’offerta «che garantisce la qualità e la pluralità dell’offerta radiotelevisiva in tutte le regioni del Paese e per la salvaguardia della pluralità dell’informazione.Il servizio pubblico non va smantellato, non va assolutamente consegnato alle logiche commerciali imposte dal mercato né nelle mani di miliardari che acquisiscono i media con il solo scopo di influenzare l’opinione pubblica. Il servizio pubblico radiotelevisivo in Svizzera può esistere solo grazie al sistema di finanziamento garantito dal canone».
Il PLRT: «I cittadini con questo voto hanno rinnovato il significato della nostra coesione nazionale. La radiotelevisione offre un contributo importante alla consapevolezza svizzera. Non si tratta di negare l’importante ruolo svolto da molti media privati che coprono le peculiarità regionali del nostro territorio. Così come la SSR dovrà certamente darsi una mossa e svestire il comodo abito del monopolista. Avessimo dato retta al consigliere nazionale, municipale di Lugano e direttore del Mattino, servizi di informazione o culturali dedicati alle nostre minoranze e alle nostre regioni periferiche non esisterebbero più e col piffero che a fronte del 4% di contributi ne avremmo ancora ricevuti il 22%. Ben venga questo risultato. Per amore della Svizzera e del Ticino».
I Verdi: «Una larga maggioranza di cittadini e cittadine ha voluto salvaguardare i media che offrono un servizio pubblico al nostro paese. Vogliono che i programmi Radio-Tv siano offerti ancora all’intera popolazione senza distinzione, in particolar modo alle minoranze linguistiche e a chi è portatore di handicap visivo o auditivo. Le numerose emittenti regionali sono anch’esse state salvate».
Il partito comunista: Salvaguardato il servizio pubblico con l’affossamento dell’iniziativa No Billag, per il partito comunista occorre però ora intervenire per migliorarlo. «La nostra prima critica riguarda il sistema di riscossione del canone» scrive il partito in una nota stampa. «La somma di oltre 300 franchi riscossa anche ai giovani in formazione che non vivono con i genitori, è iniqua. Essa dovrebbe invece essere progressiva, motivo per cui il canone radio-tv va fatto rientrare nelle imposte e calcolato per nucleo famigliare». Dal punto di vista dell'informazione invece, secondo il partito comunista «occorre che la RSI faccia più attenzione al rispetto della neutralità religiosa e alle formazioni politiche minori. Sulla politica estera invitiamo inoltre a rendersi più indipendente rispetto a fonti faziose come “Reporters sans frontiers" e il presunto "Osservatorio siriano per i diritti umani"».
Impressum e Syndicom: Secondo Impressum la netta bocciatura dell'iniziativa No Billag ha confermato l'interesse dei cittadini per i media di qualità. La federazione dei giornalisti invita a esaminare urgentemente la situazione della stampa scritta e dei media elettronici. Nei media privati "le ristrutturazioni si susseguono senza tregua", ricorda Impressum citando Tamedia, Ringier, l'Ats, AZ Medien e il gruppo NZZ. "Bisogna che i dirigenti politici si occupino di questa situazione inquietante per la democrazia e prendano misure molto rapidamente". Syndicom ritiene che sia indispensabile una legge sui media per garantire giornalismo di qualità. Dopo la bocciatura di No Billag il sindacato rivendica il rispetto "senza restrizioni" del mandato costituzionale. "Gli attacchi e gli interventi parlamentari volti a ridurre massicciamente il canone e a tagliare i programmi della SSR devono essere respinti", ha dichiarato syndicom.
L'iniziativa popolare "No Billag" è il quinto testo contro il canone radiotelevisivo ad essere bocciato. Una sola volta gli oppositori al canone si sono avvicinati alla vittoria: il 14 giugno 2015 il popolo ha accettato solo con il 50,08% dei voti la revisione della legge sulla radio e la TV che generalizzava l'obbligo del canone. La revisione prevedeva una diminuzione del canone per le economie domestiche, ma durante la campagna la discussione si è concentrata soprattutto sul servizio pubblico e i programmi. Fino ad allora tutte le iniziative popolari su questo tema hanno fallito l'obbiettivo. Nel 1982 è stato bocciato il testo dell'Anello degli indipendenti per l'indipendenza della radio mentre nel 1994 l'iniziativa "per un regime liberale dei media e la soppressione dei monopoli" non è riuscita a raccogliere le firme necessarie. Neppure il testo dell'Organizzazione Svizzera Solidale (SOS) per la soppressione del canone è riuscito ad ottenere le 100'000 firme necessarie nel 2013. Una petizione che chiedeva di abbassare il canone a 200 franchi annui è invece stata scartata dal Parlamento nel 2011. Nel 1957 e 1967 il popolo aveva respinto l'idea di iscrivere nella Costituzione un articolo sulla radio e la televisione. È solo dal 1984 che il finanziamento dei media elettronici ha trovato una base costituzionale. Il monopolio della SSR è stato abolito nel 1983, quanto le emittenti private sono state autorizzate a diffondere programmi.