Il costo dell’elettricità in Ticino registra forti sbalzi tra aziende distributrici. Un esperto punta il dito contro le bollette indecifrabili. E sulla liberalizzazione Mister Prezzi dice che...
BELLINZONA - Quanto spendiamo per l’energia elettrica in Ticino? La risposta è una sola. Dipende. Dipende essenzialmente da dove uno abita. Come noto, ogni azienda elettrica comunale applica tariffe proprie, sia per i costi cosiddetti “di utilizzazione della rete” sia per l’energia vera e propria. E poi c’è il capitolo dei tributi. Risultato finale oggi, a Bellinzona il cittadino paga una fattura inferiore del 9.6% rispetto a quando invece si verserebbe a Lugano e addirittura del 20.56% in meno di un utente del Locarnese. D’accordo, uno pensa, il territorio da allacciare è più o meno vasto e un fornitore che dà luce alle valli deve affrontare costi ben più alti di un’azienda che serve prevalentemente la fascia urbana. È invece? Invece succede che, malgrado l’area da servire sia sempre quella, le tariffe si dilatano o si contraggono da una stagione all’altra. Infatti, solo tre anni fa, la situazione appariva del tutto invertita: nel 2015 a Lugano l’energia elettrica costava addirittura il 12.65% in meno rispetto alla Capitale.
Nella tabella, qui sotto, sono state prese come esempio le città del cantone più significative in termini di abitanti: Bellinzona, Lugano, Locarno, Mendrisio e Chiasso. Il confronto con le tariffe applicate nel corso del 2018, mostrano differenze sostanziali tra un’azienda elettrica e l’altra.
Come si spiegano le differenze? Lo abbiamo chiesto a uno studioso di energie, l’ingegner Bruno Storni. «Non si spiega, o meglio il consumatore purtroppo non è in grado di spiegarselo - dice l’esperto -. Il tema è infatti molto complesso e i clienti, siccome vincolati, solo in pratica alla mercé delle strategie delle aziende». Molti sono stati gli scossoni prima di arrivare alla situazione attuale. Ad esempio, c’è stata una prima, parziale, liberalizzazione nel 2009, quando è stata anche abolita la famosa tassa “privativa”, in base alla quale i comuni intascavano dalle aziende una quota sull’elettricità consumata. Tassa sostituta da quella sull’uso del suolo pubblico al kilowattora. «Comunque ancora una ciofeca» osserva Storni con un termine colorito.
Un centesimo qui, uno là - E poi c’è la tassa sull’illuminazione pubblica, prelevata sui consumi degli utenti, tassa affondata da un ricorso a Locarno. «A Bellinzona - spiega - la tariffa è calata anche perché è saltata questa tassa dopo la nostra opposizione a Locarno. Questa tassa è, invece, ancora in vigore ad Ascona». La pagano tutti i cittadini del comune… Un centesimo al kWh qui, un centesimo là, le bollette si gonfiano. «Ma il cittadino non ne ha percezione! La mia ultima fattura dalla Società elettrica sopracenerina, ad esempio, come privato con due contatori presentava trenta posizioni… Un’assurdità, che nessuno è in grado di capire».
Bellinzona giù, Lugano su - I numeri però parlano chiaro. Prendiamo i due principali comuni ticinesi, Bellinzona e Lugano, e confrontiamo i loro costi dell’energia dal 2015 al 2018. Quello che risulta è che a Bellinzona, oltre a beneficiare di una sostanziosa diminuzione del costo dell’energia, meno 29.44%, sono andati a diminuire anche i costi dell’utilizzazione della rete, meno 7.44%, e dei tributi a Enti Pubblici, meno 16.02%. Le tasse di incitamento RIC sono progressivamente aumentate per tutti i comuni e in questi tre anni sono passate da 1.1 a 2.3 ct. per kWh, pari a un aumento del 109.09% (e addirittura quadruplicate rispetto ali 0.6 cts del 2014). Ma sulla RIC ci si tornerà dopo. Resta evidente che a Bellinzona il costo dell’energia elettrica dal 2015 al 2018 è diminuito complessivamente del 12.28%. A Lugano, invece, nonostante la sostanziale diminuzione del costo dell’energia, diminuito in tre anni del 13.66% (da non dimenticare che nel 2015 a Lugano l’energia costava il 13.81% in meno rispetto a Bellinzona), l’utilizzatore si è trovato in un triennio la fattura dell’Ail lievitata del 4.56%. I costi che si evidenziano in aumento sono: utilizzo della rete con un +7.43% e tributi a Enti Pubblici +9.69%. Se consideriamo la differenza tra Lugano e Bellinzona che c’era nel 2015 e quella nel 2018, possiamo dire che a Lugano il consumo di energia elettrica costa ora oltre il 17% in più rispetto agli utilizzatori della Capitale.
La tassa per i pesci - Anche qui interrogativi che cerchiamo di chiarire con l’aiuto dell’esperto. «Nella fattura c’è il costo dell’energia e poi quello del trasporto, incassato al 100% dall’azienda in base agli impianti che possiede. L’energia invece dipende dal mercato, ma è l’azienda che fa la tariffa ai consumatori vincolati. Per i grossi consumatori invece abbassano le tariffe fino quasi a non guadagnare più niente». Poi, prosegue Storni, «ci sono le tasse. C’è il RIC federale e c’è quello cantonale. C’è il Fer (Fondo energie rinnovabili) comunale. C’è regolazione di rete e c’è la tassa sui pesci...». Sui pesci? «Sì, per rinaturare i fiumi». Queste sono fisse per tutti. Poi c’è chi ha solo la tassa base, ad esempio di 10 franchi al mese, e chi «come Locarno ha anche la tassa di potenza...». Insomma un groviglio di tasse che, sostiene l’esperto, «rende la fattura illeggibile». Un’ulteriore possibilità di confronto si può trovare sul sito della Commissione federale dell’energia elettrica ElCom (www.prezzi-elettricita.elcom. admin.ch).
La spesa all’estero -Se i costi di utilizzazione di rete o trasporto dipendono dal valore dell’impianto dell’azienda, le differenze dei costi dell’energia da cosa dipendono? «È complesso. Le aziende ora possono acquistare l’energia dove vogliono. Ad esempio, per la Ses dicono che compra anche carbone dalla Polonia. Perché oggi l’idroelettrico ticinese risulta più caro del carbone tedesco. Lo scorso anno dieci aziende su undici hanno fatto un accordo per acquistare una certa quantità di energia dall’Azienda elettrica ticinese». Il cosiddetto Aet Blu, per proteggere la produzione ticinese e proteggere chi produce energia pulita dal rischio di restare fuori mercato.
La tassa per le rinnovabili - In tema di energia pulita, a livello federale c’è invece la cosiddetta “Tassa di incitamento” o più semplicemente la RIC, acronimo di «rimunerazione a copertura dei costi per l’immissione in rete di energia elettrica». Cos’è di preciso? Si tratta di un meccanismo federale d’incentivazione della produzione di elettricità da impianti a fonti rinnovabili. Possono beneficiarne i produttori di energia idraulica, fotovoltaica, eolica, geotermica, da biomassa e da rifiuti della biomassa. La RIC è finanziata con una tassa sull’energia versata da ogni consumatore che, dallo 0.60 del 2014, siamo passati a 2.30 per kWh. Questa tassa, per dirla in parole povere, permette di riacquistare l’elettricità generata dai produttori di energia rinnovabile a un prezzo preferenziale, ossia al prezzo di costo
Anche la RIC piange - «È la tassa che permette ai cittadini di costruire impianti fotovoltaico. In Germania è di 6-7 centesimi. Permette di garantire l’investimento, ma la lista d’attesa mostra che non è ancora sufficiente. Poi c’è anche il RIC ticinese...». Il successo della RIC è infatti anche il suo tallone d’Achille: così che per i progetti più recenti sono previsti anni per incassare i contributi promessi.
All’orizzonte c’è però la liberalizzazione del mercato, di cui il Consiglio federale ha appena presentato l’avamprogetto. In questo nuovo scenario dobbiamo aspettarci bollette più complicate oppure sarà il contrario? Tio/20Minuti lo ha chiesto a Mister Prezzi. La premessa, spiega Stefan Meierhans, «è che oggi in un mercato sempre chiuso per i piccoli consumatori, che non possono scegliere, la fattura dell’elettricità generalmente è composta per un terzo dal costo dell’energia, per un altro terzo dai costi della rete e delle infrastrutture e per il terzo rimanente dalle tasse allo Stato».
Mister Prezzi: «Un atto di fede» - Dopodiché, ammette Mister Prezzi, «scrivere delle bollette che si possano capire è chiaramente una sfida. Ed è molto difficile perché ci sono molte voci che concorrono al costo e vanno perciò messi nero su bianco. Ma capisco molto bene le difficoltà dei consumatori per i quali la fattura diventa quasi un atto di fede al momento di pagare l’importo». Quanto agli effetti di un mercato più aperto, Meierhans osserva che «in genere come sorvegliante dei prezzi sono molto favorevole alla concorrenza. Però nell’ambito dell’elettricità, se guardiamo oltrefrontiera, ad esempio in Germania, vediamo che le esperienze sono state miste… È vero che quando il consumatore sceglie di solito lo fa sulla base dell’importo finale della bolletta o dell’offerta. Quindi il confronto risulta abbastanza semplice. Se vale o no la pena».
«Quadro standard o sarà nebbia» - Orientarsi nella scelta futura, per Mister Prezzi non dovrebbe essere così complicato… Anche se, ricorda, «come vediamo nel mercato della telefonia, l’esistenza di tanti modelli di contratto rende molto difficile il confronto per il consumatore. Molto dipenderà dunque da come verrebbe realizzata questa liberalizzazione. Se ci sarà un quadro standard, fare dei paragoni tra le varie offerte sarà più facile, altrimenti se il mercato sarà lasciato completamente libero e aperto a modelli complicati da capire… la sfida sarebbe molto più ardua e il rischio di finire nella nebbia sarebbe reale» conclude Mister Prezzi.
Storni: «Ecco chi rischia» - La liberalizzazione potrebbe, e ritorniamo a dare la parola a Storni, rappresentare invece uno scossone per le aziende. «Rischiano - sostiene l’ingegnere - perché in futuro il cliente potrà andare a comprare l’energia da chi vuole. Anche il piccolo consumatore. La prima fase della liberalizzazione è stata invece una mezza catastrofe perché ha solo messo in crisi l’idroelettrico e avvantaggiato i grossi consumatori».
Con la liberalizzazione completa, aggiunge Storni, «potrebbero rischiare quelle aziende, come la SES e anche le AMB (Bellinzona, ndr), che hanno tanti consumatori di elettricità. Mentre per una AIL il rischio è minore, perché a Lugano si scalda molto con il gas e tante case consumano elettricità solo per l’illuminazione. Per cui il consumatore potrebbe essere meno incentivato a cambiare fornitore».
«Troppe aziende, ma è il Ticino» - Difficile comunque immaginare oggi che la liberalizzazione possa modificare la mappa, assai frastagliata, delle aziende comunali operanti in Ticino. Rispetto a un territorio così ristretto, pare lecito chiedersi se non sono comunque troppe… «L’impressione direi è proprio che siamo troppo piccoli per avere 11 aziende, ma purtroppo - osserva Storni - il Ticino è così e si accumulano ritardi e inefficienze che alla fine paga il consumatore». Un provider unico, continua l’esperto, «sarebbe sicuramente meglio. In altri cantoni c’è, anche se d’altra parte ci sono ancora centinaia di aziende di distribuzione. Vedremo se la paventata liberalizzazione totale del mercato elettrico, di cui è in corso la consultazione, andrà o no in porto. Perché se dovessero diminuire gli utili sulla vendita dell’energia, perché non ci sono più consumatori vincolati, per molte aziende di distribuzione potrebbe diventare economicamente difficile».
Conclusione - La banalità del semplice gesto di pigiare l’interruttore, abbiamo visto, genera al momento della fatturazione una matassa complessa, fatta di sigle e unità di misura note solo agli specialisti. In breve la bolletta per i più rappresenta «un atto di fede». Da pagare senza porsi troppe domande. Certo, anche a saperla decifrare il consumatore non ha scelta. Finora.