Metti un'insegnante che in piena pandemia chiede ai suoi alunni a di inviarle ogni giorno delle email. Ecco cosa è nato.
“Da questi due mesi ho anche imparato molto, ho capito che molte cose che la gente (io per primo) dà per scontate, non lo sono affatto, anche solo il vedersi, scambiarsi un gesto di affetto, un abbraccio... Inoltre ho capito che in un attimo tutto può cambiare, che il virus non guarda in faccia nessuno, che la vita è veramente appesa ad un filo, e proprio per questo va vissuta nel migliore dei modi possibili”. “Questo periodo forzato mi ha fatto capire come nel nostro piccolo come famiglia collaborando ci si può aiutare e si può aiutare gli altri”.
Il mondo dei ragazzi racchiuso in messaggi
Sono solo un paio delle decine di frasi che hanno scritto nel mese di maggio (quella che in Italia è stata definita “fase due”) gli studenti di Beatrice Viola, autrice del libro "Avventure tragicomiche di una supplente" uscito nel 2018 per HarperCollins, storica casa editrice che ha scoperto questo spassoso testo, nato dagli articoli sparsi sul blog Dicebeatrice. Il romanzo (autobiografico) narra le vicende di un’insegnante precaria, quindi supplente, anzi “La Supplente”, la quale è sì un personaggio letterario ma, al contempo, concreto. Perché lei, la donna Beatrice Viola, è davvero una supplente precaria, che ama il suo lavoro e in particolare ama ascoltare i suoi alunni, coglierne le personalità, i sogni, i desideri, le debolezze e anche le criticità di una periodo della vita così inquieto come l’adolescenza. Proprio sulla spinta di questo suo modo di essere e di intendere il ruolo della scuola Viola, poco dopo la chiusura delle scuole in seguito alla diffusione del Corona virus (in Italia a fine febbraio), ha deciso di non perdere i contatti con i suoi studenti, adolescenti tra i 14 e i 17 anni che frequentano un istituto tecnico in una delle città lombarde più colpite dall’epidemia. Ha quindi chiesto ai ragazzi di spedirle mail private una volta a settimana per raccontarle il loro modo di reagire e di confrontarsi con l’enorme stravolgimento in corso: la loro quotidianità, le loro paure, i loro sguardi sul futuro. E’ stato uno scambio di frasi che si è dipanato lungo i tre mesi più sconvolgenti degli ultimi anni in Europa e nel mondo e che in Lombardia hanno significato dapprima la chiusura delle scuole, poi, dall’11 marzo, la cosiddetta “fase 1” o di lockdown, durata fino al 3 maggio, quando sono iniziate le prime aperture e i primi tentativi di avvio di una nuova normalità.
Un “romanzo epistolare” dei nostri tempi - Di questo spaccato di storia è testimonianza il carteggio digitale di Viola con le sue classi: una una sorta di “romanzo epistolare” dei nostri tempi, con le forme, i modi e gli strumenti dei cosiddetti Millennials; un puzzle di parole che, per ora, non è composto in un unico disegno organico bensì frammentato in tanti piccole tessere che, proprio nella loro disgregazione, possono essere emblema plastico della condizione in cui si sono trovati questi ragazzi, e non solo loro. Le loro e-mail costituiscono dunque un prezioso documento di memoria di un periodo della loro vita che sicuramente non dimenticheranno facilmente. Un periodo iniziato all’insegna della piacevole sorpresa per una vacanza fuori programma, che si è tuttavia trasformata presto in una fase di disorientamento e smarrimento degli studenti, parzialmente superata dall’organizzazione delle lezioni on line e da una specie di ritorno alla routine scolastica.
La scuola davanti a un monitor - Per rendere comune questo patrimonio di esperienze, lo scorso Primo maggio Viola ha deciso di pubblicare alcuni testi di mail sulla pagina Facebook Dicebeatrice, dove, in seguito, hanno trovato spazio anche frasi ricevute da e-mail successive, quelle cioè raccolte nel mese di maggio fino alla prima settimana di giugno, quando è fissata la normale fine della scuola. “Mi è venuta voglia di raccontarvi del mio lavoro così cambiato negli ultimi due mesi – ha scritto “La Supplente” - per farlo, vorrei presentarvi i miei studenti durante le video lezioni. Studenti che compiono gli anni chiusi nelle loro case, che vorrebbero abbracciare gli amici e baciare le ragazze, giocare a calcio o a basket, andare in bici o in moto… Ma non possono. Possono (potrebbero?), però, continuare a studiare. Certo, la campanella non suona più, ma loro, tutte le mattine e molti pomeriggi, dal lunedì al sabato, si siedono di fronte a uno schermo per un’altra giornata di scuola. Allora, siete pronti a conoscere i miei studenti ai tempi della didattica a distanza?”
La scoperta: i ragazzi non sanno scrivere email - Leggendo le frasi dei ragazzi in ordine cronologico è possibile seguire l’evoluzione dei loro umori, che è andata pari passo a quella della situazione generale, con inevitabili ricadute anche nei contesti familiari, psicologici e scolastici degli alunni di Viola. Le prime voci giovanili riportate risalgono al 9 marzo: “Tenevo particolarmente a ringraziarla per i compiti che ci ha assegnato, che mi aiutano a rimanere preparato e a distrarmi il più possibile dalla attuale situazione – scrive uno studente e un altro: - spero che questo problema del coronavirus si risolva al più presto possibile, ma finché non andiamo a scuola e non sono malato mi va benissimo, e credo anche per lei, no?”. E l’insegnate commenta sul blog: “un poco bugiardi o eccessivamente onesti, poco importa... I miei studenti stanno svolgendo il compito richiesto. E io sorrido”. Sorride ma anche un po’, benevolmente, inorridisce perché, spiega, “mi sono resa conto che questi nativi digitali paradossalmente non sanno scrivere e-mail! Forse perché nessuno lo ha mai insegnato loro, fatto sta che ho iniziato a proporre anche qualche piccola lezione sulla forma di questo testo telematico”. Gli stessi alunni si rendono conto delle loro debolezze sintattico-grammaticali, come emerge da una e-mail del 13 marzo: “Mi immagino la sua faccia quando leggerà la mia email e vedrà tutti quelli errori”.
"Sto morendo di noia" - Ma l’attenzione dei ragazzi è tutta rivolta a ciò che stanno vivendo, alla confusione di quelle prime settimane ma anche alle restrizioni: “all’inizio credevo che stare a casa sarebbe stato bello, ma invece sto morendo di una noia colossale, quasi come poesia nella prima ora di lunedì”, recita un testo del 12 marzo, mentre il 16: “all’inizio credevo che questa pausa fosse una specie di vacanza ma poi rendendomi conto di non poter uscire con i miei amici e praticare i miei sport preferiti ho cambiato idea”. Perfino la scuola inizia ad essere vista sotto tutt’altra angolazione: “Anche se non credevo che lo avrei mai detto, non vedo l’ora che ricominci la scuola”, si legge il 26 marzo e questo si ripeterà nell’arco delle successive settimane di carteggio telematico, dal quale emerge una seconda, sentita, sofferenza dei giovani: la mancanza dello sport e degli amici: “oltre ad aver rinunciato ad uscire con i miei amici, ho rinunciato anche alla mia più grande passione ovvero il basket”; “il calcio è una delle cose che mi manca di più in questa quarantena. Il calcio per me è tutto”. Pesante anche la presenza continuativa della famiglia poiché, si viene a sapere della stessa insegnante, “alcuni di loro abitano in case piccole, i genitori diventano sempre più nervosi e dividere continuamente spazi non è semplice”. La scoperta dello stare in famiglia da qualcuno è stata accolta con favore: “questo periodo mi ha cambiato molto, tutto grazie ai miei fratelli che cercavano sempre di parlarmi in qualche modo. A quel punto ho capito che la morte poteva essere anche molto vicina a noi e che dovevamo affrontare questa situazione insieme”. Da altri invece meno: “è veramente straziante: avendo i genitori separati sono costretto a passarla da mio padre e sua moglie, anche se non ci sto tanto volentieri. Mia mamma, lavorando in ospedale, preferisce mettere in primo piano la mia sicurezza, nonostante mi vorrebbe vedere al suo ritorno a casa dopo l'inferno vissuto al lavoro”.
In cerca di normalità - Dal 2 maggio la situazione generale cambia un po’, ma per le scuole non più di tanto: prosegue la didattica a distanza e, oltre alla possibilità di uscire, è intervenuto anche l’inizio del Ramadan, che alcuni studenti di Viola osservano, quindi il 7 maggio si legge: “non penso proprio che le mie giornate possano modificarsi rispetto a prima. Io non voglio fare attività fisica perché sono in digiuno e non voglio affaticarmi più di tanto. Sicuramente, però, un giorno, che dovrò ancora decidere, andrò a fare una piccola passeggiata, che quella brezza che incontravo ogni giorno di mattina prima di andare a scuola mi manca”. La “fase 2” insomma, sebbene abbia aperto alcune possibilità, ha dato il via anche ad inquietudini più profonde, slegate dai divieti ma radicate nelle paure e nelle incertezze di tutti, a maggior ragione degli adolescenti: “mi piacerebbe che la nuova normalità fosse uguale a quella di sempre, che non sia cioè ‘nuova’ perché non sono uno a cui piacciono molto i cambiamenti”, annota un ragazzo il 5 maggio. Le riflessioni dei giovani proseguono: il 18 maggio una e-mail recita: “inoltre questo periodo forzato mi ha fatto capire come nel nostro piccolo come famiglia collaborando ci si può aiutare e si può aiutare gli altri. Ad esempio mia nonna ovviamente aiutata da me ha creato molte mascherine in cotone che poi abbiamo dato a nostri famigliari o amici”. Sempre in tema di famiglia il 25 maggio da un alunno arriva: “Ci sono stati anche dei cambiamenti all’interno della mia famiglia, perché in questo periodo mia mamma, lavorando in ospedale in un reparto Covid, era ed è poco presente a casa. Proprio per questi motivi ho imparato a tenere in ordine la casa”. Il 21 invece c’è una riflessione: “però, da questi due mesi, ho anche imparato molto, ho capito che molte cose che la gente (io per primo) dà per scontate, non lo sono affatto, anche solo il vedersi, scambiarsi un gesto di affetto, un abbraccio... mi sono reso conto che non è poi così scontato. Inoltre ho capito che in un attimo tutto può cambiare, che il virus non guarda in faccia nessuno, che la vita è veramente appesa ad un filo, e proprio per questo va vissuta nel migliore dei modi possibili”. E il 23, da un altro alunno: “Questi mesi di quarantena mi sono sembrati un’eternità. Le ore del giorno sono scandite da videolezioni scolastiche e pomeriggi a fare i compiti e studiare. Sotto questo aspetto potrei quasi ringraziare la scuola, perché senza di lei non so come avrei potuto passare questi giorni di quarantena; magari nel degrado più totale, dormendo, mangiando e guardando il telefono e la tv tutto il giorno”.
Addirittura grazie scuola! - Quasi quasi non ci crede nemmeno lei, “La Supplente”, eppure non è il solo messaggio di affetto nei confronti di un’istituzione che solitamente non è molto amata, per lo meno non a quell’età: “la scuola mi manca, non tanto i professori, almeno non tutti, che vedo e sento quasi tutti i giorni, mi mancano i miei compagni, il contatto, lo scherzo, il gioco, la piadina il sabato dopo la scuola... siamo connessi, sempre in contatto ma è tutto diverso, alla fine siamo soli nella nostra cameretta e spesso la noia ci accompagna”, è la mail del 26 maggio, preceduta, qualche giorno prima, da un “ormai manca poco alla fine della scuola e sono sia felice perché non ho più bisogno di studiare per le interrogazioni ma allo stesso tempo triste perché non vedrò i compagni, e anche gli insegnanti... dai”.
"Siamo riusciti a non abbandonare a loro stessi i ragazzi" - Insomma alla fine di un trimestre eccezionale questi ragazzi non ne escono con le ossa rotte. Forse ne escono un bel po’ malmessi i professori, che all’inizio hanno dovuto imparare gli strumenti per fare lezione on line, poi hanno dovuto programmare i loro video e le loro dirette, facendo i conti con i trucchetti che gli studenti, molto più usi alla tecnologia, hanno escogitato per barare nelle interrogazioni e nei compiti. Per non parlare delle riunioni tra insegnanti sulle piattaforme: estenuanti. “La didattica a distanza non può nemmeno lontanamente pensare di sostituire quella tradizionale o essere migliore, ma alla fine questa esperienza è stata positiva – valuta Viola – siamo riusciti a non abbandonare a loro stessi i ragazzi e, in qualche modo, pure a trasmettere dei contenuti, delle nozioni. Certo, non ho fatto assolutamente quello che sarei riuscita a fare a scuola, nel senso che non sono riuscita a finire la programmazione che mi ero prefissata all’inizio dell’anno, però qualcosa di buono è arrivato lo stesso”. E non solo dal punto di vista delle lezioni, ma anche, anzi, soprattutto, delle relazioni con i suoi studenti: “i ragazzi riescono sempre a stupirmi e a divertirmi, specie per il modo sconclusionato che hanno di scriver e– ammette – entrare in confidenza con loro attraverso le e-mail mi ha permesso di capirli più a fondo, di scoprirne alcuni lati che non sospettavo. Per esempio: noi adulti li immaginiamo sempre immersi nel mondo virtuale e un po’ inebetiti, invece apprezzano il contatto con la natura; l’ho notato quando ho chiesto loro di mandarmi una fotografia che li rappresenti e in riposta la maggior parte di loro mi ha inviato immagini di animali, dicendomi che la presenza di animali e della natura in questo periodo è stata molto importante e che non lo avrebbero mai pensato prima”. Le parole che lo confermano sono arrivate i 3 maggio quando uno studente ha scritto: “fuori dalla finestra vorrei vedere un bosco di montagna, ancora intoccato dalle mani umane, perché mi farebbe sentire libero di vagare tra alberi e cespugli facendo un po' quello che voglio specialmente in questo periodo in cui la libertà mi manca”.
E ora che la scuola sta per finire? Non si prospetta un’estate spensierata, né vacanze particolari perché la crisi economica ha colpito duramente molte famiglie. Gli sguardi allora si fanno cupi: “Anche se mi piace pensare che ci sarà un mondo migliore o un po' più corretto, secondo me sarà sempre peggio”, si legge in una delle ultime e-mail, mentre, in una successiva di un altro studente, il futuro assume un aspetto da incubo: “si può solo speculare su cosa può succedere: potrebbe essere inventato il vaccino e di conseguenza potremmo tornare alla ‘normalità’, oppure il virus potrebbe modificare il proprio Rna e trasformarsi in qualcosa di più pericoloso trasformando tutto in un’apocalisse zombie”.