Dietro le quinte del gigante della distribuzione tedesca arrivato in Svizzera tre anni fa. Divieto di bere una birra insieme ai colleghi, mobbing. La testimonianza al Sonntag di ex collaboratori di Lidl
ZURIGO - L'arrivo in Svizzera dei giganti tedeschi della distribuzione fu salutato positivamente dalle associazioni dei consumatori. Una concorrenza che, senz'altro, ha avuto i suoi effetti benefici. Aldi in Svizzera ha aperto 100 filiali e la Lidl di Neckarsulm, 42 miliardi di euro di fatturato, ha seguito la concorrenza. Il 19 marzo di tre anni fa, infatti, è sbarcata in Svizzera, inaugurando, in un colpo solo, i suoi primi 13 punti vendita. Oggi sono diventati 80.
Prezzi stracciati, ma a quale costo sociale? - In Svizzera il prezzo di molti prodotti alimentari è diminuito, per la gioia di molti consumatori, soprattutto quelli appartenenti alle fasce più deboli della società. Risparmio certo, ma quali sono le condizioni di lavoro dei dipendenti di questi supermercati? Questa domanda se l'era posta in tempi non sospetti Silvano Toppi, professore ed economista che, in un'intervista a Ticinonline del giugno del 2009, invitava a non dimenticare di considerare quello che è "il bilancio sociale" del prezzo del singolo prodotto che quotidianamente troviamo sugli scaffali dei nostri supermercati. Un invito al consumatore che - ci spiegò Toppi - "inseguendo il mito del prezzo stracciato, si dimentica il più delle volte di chiedersi da dove arriva il prodotto e il suo percorso di produzione".
Oggi sul domenicale svizzero-tedesco "Der Sonntag" è apparso un articolo che, sicuramente, farà riflettere. A tre anni dalla sua entrata nel mercato svizzero, a raccontare delle condizioni di lavoro da Lidl sono degli ex dipendenti.
E a parlare non sono semplici commessi, bensì ex collaboratori appartenenti ai quadri della catena di supermercati, che in Svizzera trova la sua sede principale a Weinfelden, nel canton Turgovia. Ex collaboratori che muovono pesanti accuse a Lidl.
"Lidl, una setta" - Dai racconti emerge che i collaboratori sarebbero sottoposti a veri e propri "lavaggi del cervello". C'è chi ha poi parlato di "un'azienda setta", “paranoica”, “avida”, “insensibile”.
"Mai avvicinarsi troppo al proprio collega di lavoro" - Ed è da ex collaboratori che lavoravano nella sede centrale di Weinfelden che arrivano i racconti. Lì, in Turgovia, il motto era "restare sempre professionali, mai parlare della propria vita privata". Tra colleghi ci si dava sempre del lei, mai del tu, se non di nascosto. Mai avvicinarsi troppo al collega, neppure per una pacca sulla spalla.
"Richiamati per aver bevuto una birra insieme" - Un aneddoto è raccontato da due ex impiegati: "C'è stato il caso di collaboratori che dopo il lavoro si sono permessi di bere una birra insieme ad altri loro colleghi. Sono stati visti e il giorno dopo si sono dovuti presentare dal capo".
"Ed è per questo - continuano i due - abbiamo sempre fatto in modo di parcheggiare le nostre auto, prima di entrare al bar, lontane una dall'altra".
"Richiamata per essersi messa una catenina" - Ma non finisce qui. Anche le telefonate tra colleghi di lavoro al di fuori dell'orario di lavoro erano viste con sospetto. Anche sul modo di vestire vi erano delle regole: abiti scuri e possibilmente senza colori sgargianti. E' capitato che "una collaboratrice è stata richiamata per aver portato una collanina." In ufficio gli oggetti privati non erano ben visti, così come parlare con i propri colleghi delle proprie ferie o della famiglia".
"Zecca sanguisuga" - Guai poi a parlare con i giornalisti. Un dipendente aveva trasmesso informazioni interne alla stampa. Il giorno dopo furono chiamati in riunione tutti i dipendenti e il capovendita, davanti a tutti i suoi collaboratori, disse che il colpevole, "una zecca sanguisuga", sarebbe stato individuato.
"Non licenziare, esercitare mobbing" - Sempre stando a quanto emerso dai racconti di ex collaboratori, ai responsabili di sede veniva intimato (non vi sono indicazioni date per iscritto) di non procedere a licenziamenti, bensì a esercitare del "mobbing professionale", fino alle dimissioni.
Lo scandalo in Germania - Nel 2008 in Germania Lidl fu al centro di uno scandalo. Venne scoperto che i suoi collaboratori venivano spiati in maniera sistematica con metodi che ricordavano la famigerata polizia segreta della ex DDR, la Stasi. Lidl fu multata, si scusò, ma a sei anni di distanza, sembrano non essere cambiati di molto i suoi metodi. Tanto che i suoi ex collaboratori sentiti dal giornale svizzero tedesco parlano, addirittura, di "setta" e di "lavaggi del cervello".
Lidl non risponde - Lidl, interpellata dal "Sonntag", non ha voluto prendere posizione sulle accuse ricevute.