"Per fare diventare il Paese una vera unione democratica, mi appello a tutti i membri del Parlamento affinché mettano in atto delle leggi necessaria per proteggere i diritti delle minoranze etniche", ha detto Suu Kyi, eletta deputata lo scorso aprile dopo 15 degli ultimi 24 anni passati agli arresti domiciliari. Suu Kyi ha rimarcato come le aree in cui si concentrano le minoranze - provenienti da oltre 130 etnie riconosciute, per un totale di circa un terzo della popolazione - siano più povere di quelle a maggioranza birmana.
Con il Paese mai pacificato completamente dal raggiungimento dell'indipendenza nel 1948, l'esercito centrale combatte da decenni contro organizzate milizie etniche in particolare nel nord e nell'est del Paese. Nonostante il raggiungimento di alcuni cessate il fuoco negli anni Novanta e un nuovo impulso alle trattative di pace con diversi gruppi dato dal nuovo governo civile, è ancora attivo il fronte contro i ribelli Kachin nel nord.
Sulla scia delle violenze settarie (almeno 80 morti) avvenute in giugno nello stato occidentale di Rakhine tra buddisti e musulmani di etnia Rohingya, 800 mila persone non riconosciute nel mosaico delle comunità del Paese, Suu Kyi è stata criticata da osservatori e attivisti dei diritti umani per l'ambigua presa di posizione sulla questione della discriminazione verso questa minoranza apolide. La grande maggioranza dei birmani considera i Rohingya immigrati irregolari provenienti dal Bangladesh, auspicandone in molti casi la cacciata dal Paese.