L'ex numero uno di UBS traccia l'identikit di chi sta perdendo - i risparmiatori - e di chi sta vincendo la partita: gli Stati indebitati e i loro politici
BERNA - Gli svizzeri pensano di avere franchi nel portamonete, ma in realtà sono già diventati euro e nel frattempo i cittadini della Confederazione sono diventati del 20% più poveri. Lo sostiene l'ex numero uno di UBS e Credit Suisse Oswald Grübel, che a pochi giorni dall'anniversario dell'introduzione della soglia minima di cambio di 1,20 da parte della Banca nazionale (BNS) traccia l'identikit di chi sta perdendo - i risparmiatori - e di chi sta vincendo la partita: gli Stati indebitati e i loro politici.
"Di fatto già oggi non abbiamo più il franco, ma l'euro", afferma l'ex banchiere in un'intervista pubblicata oggi dal settimanale "Weltwoche". Ciascuno può calcolarlo da solo: senza la soglia minima - introdotta unilateralmente il 6 settembre 2011 - l'euro oggi non varrebbe 1,21 franchi, bensì circa 1 franco. "Questo è un valore realistico", spiega l'esperto. Agganciandosi all'euro, la Svizzera sostiene in modo artificiale la moneta europea e indebolisce la propria: così facendo "tutti i nostri patrimoni vengono svalutati per un quinto".
Non potendo più fluttuare il franco ora si comporta come l'euro. La conseguenza sarà che "vivremo tali e quali gli alti e bassi dell'euro", mette in guardia Grübel. A suo avviso sarebbe ingenuo pensare di poter ora abbandonare la soglia minima: "non ne usciremo molto rapidamente". Tanto più che né la politica, né l'economia hanno oggi un interesse a cambiare rotta. Con la conseguenza che i nostri franchi sono diventati euro.
Ma nel borsellino non troviamo ancora franchi? "Mi stupisco sempre di come ci si lasci abbagliare dai soldi di carta e si ha l'impressione di avere fra le mani una valuta forte. Era così un tempo. Con l'aggancio all'euro il franco è stato indebolito in modo mirato e in tal modo sono stati anche ridotti i patrimoni. Solo chi è un debitore netto ne ha approfittato".
È stato detto che la misura avrebbe protetto il turismo e le esportazioni: ma secondo Grübel le aziende si sarebbero rapidamente adattate a un euro più debole. Inoltre la gran parte riescono ad assicurare i loro affari. E che si possa vivere bene con una moneta forte è dimostrato dal Giappone, che deve far fronte al problema da 20 anni, ma che continua ad essere una delle nazioni con il maggiore export al mondo.
"Non posso immaginarmi che il nostro governo sia così ingenuo da pensare seriamente che saremmo riusciti ad abbandonare la soglia minima senza svalutare fortemente il franco. I politici conoscevano bene le conseguenze, ma l'opinione pubblica no", continua l'ex banchiere nato nella ex DDR.
Grübel punta anche il dito contro la BNS, che non può essere considerata politicamente indipendente. In base al suo mandato dovrebbe essere la guardiana della valuta ed essere interessata a una moneta forte. "Oggi però la Banca nazionale auspica un franco debole, perché così è voluto dal mondo politico ed economico".
Lo stesso fenomeno è riscontrabile anche altrove. "In tutto il mondo i tassi vengono tenuti artificialmente bassi e l'indebitamento statale sta esplodendo. Non vi sono più equilibri", afferma Grübel, che presto compirà 71 anni. In Svizzera la BNS, visto l'aggancio all'euro, non può più decidere i tassi in maniera autonoma: "quindi rimarranno anche da noi a lungo artificialmente bassi", si dice convinto lo specialista.
Il prezzo viene pagato dai risparmiatori: tutti coloro che per anni hanno lavorato duramente e hanno messo qualcosa da parte stanno perdendo, rileva Grübel. Ad approfittare è chi ha i debiti, in primo luogo gli Stati e i loro politici, che non hanno alcun interesse a diminuire la spesa pubblica.
Ma la politica di governi e banche centrali non è volta a stimolare l'economia? "Questo è quello che ci dicono. Ma anche qui vedo una contraddizione: da una parte si chiede alle banche di ridurre i loro rischi, ciò che viene anche fatto, diminuendo i crediti, dall'altra si inondano i mercati di liquidità a buon mercato. Non funzionerà. Solo gli Stati indebitati e i mercati finanziari ne approfittano", conclude Grübel.