Da tre anni scatta foto ai passanti e in questi giorni lo sta facendo al Festival di Locarno. Matteo Fieni racconta la sua esperienza
LOCARNO - Tra le 12:30 e le 14:00 al festival di Locarno si respira un’aria “sospesa”. C’è pausa nelle visioni cinematografiche e molti ne approfittano per rifocillarsi, sbirciare qualche saldo in vetrina o leggere le trame per poter scegliere bene i film da guardare nelle successive otto ore. Un lavoraccio quello di guardare film. Così anche io, giunto per un giorno al Pardo, approfitto della pausa. Sotto i portici e fino alla stazione di Muralto è un susseguirsi di saldi per abbigliamento estivo. Fa caldo e la voglia di entrare nei negozi c’è, ma sono alla ricerca di qualcosa di buono da mangiare. I locali con le loro terrazze sono pieni, e pieni sono anche le gelaterie e i punti da asporto. I prezzi delle pizzette e dei panini variano a seconda dei bar anche dai due ai tre franchi. Alla fine compro qualcosa da mangiare e mi siedo in Piazza Grande. Distanti da me di qualche sedia, altre persone leggono e mangiano. Di fronte, nel corridoio centrale, c’è invece un ragazzo, munito di attrezzatura fotografica. Cappello di paglia e piedi nudi, si rivolge ai passanti, chiedendo, in inglese, francese, italiano, di poter scattare loro una foto su un quadratino giallo. Un paio di persone accettano, altre vanno via di fretta, hanno il pass Pardo e sono “impegnati”.
Finisco di mangiare e mi avvicino alla postazione. Chiedo al ragazzo cosa stia facendo. “È un progetto fotografico, da tre anni scatto foto alle persone di passaggio in luoghi diversi, sia nel Cantone che a Ginevra, Milano. Anche qui al Festival è la terza volta che vengo. Sarò per tutti i dieci giorni qui e scatterò foto in punti diversi. Oggi tocca a Piazza Grande”. Mentre descrive il progetto, Matteo Fieni, questo il suo nome, toglie via il cappello di paglia, mette gli occhiali da sole e resta a piedi nudi. I sandali sono poco più in là. “Sono stato da poco in Sicilia e ancora mi sento in vacanza. Ma Locarno in questi giorni sembra un po’come lì al Sud. Io sono di Lugano”. Il progetto si chiama Ritratti Metropolitani, progetto fotografico sperimentale di street photography e parte con l’intento di approfondire la relazione che c’è tra l’individuo e il suo territorio. Matteo ci spiega che “cerca di cogliere le persone nella loro essenza, liberi dal ruolo sociale che incarnano nel momento, per lasciar emergere l'essenziale e distaccarsi dai segni che ne portano”. Insomma i “cinefili” di Locarno sono fotografati in Piazza Grande e in altri luoghi del festival ma non come “cinefili”, dalle loro foto emerge qualcosa di più, la loro essenza, il carattere. Oserei dire, sono messi a nudo. Fa caldo in Piazza. “Sia chiaro questo progetto lo faccio nel tempo libero – aggiunge Matteo, rimettendosi il cappello- sono fotografo professionista ma cerco la libertà, l’apertura e auspico che i soggetti che fotografo, si liberino dal loro ruolo. Ho fotografato i prigionieri alla Stampa e alcuni richiedenti l’asilo invitandoli proprio a dimenticare di essere in un carcere o in una struttura protetta”.
L’effetto funziona. Ma decidiamo di provare. Prima di tutto scatto una foto a Matteo per “dovere di cronaca”, poi è lui che mi piazza sul quadratino giallo. “Stai dritto, mani rilassate sui fianchi. Ti farò due scatti. Tu, nel frattempo, dimentica dove sei e pensa a qualcosa che desideri fare, che sogni di fare”.
Mentre penso, il flash illumina la piazza in controluce. “Ecco, fatto!”. Siamo in Ritratti metropolitani. Basta guardare il link http://ritrattimetropolitani.ch/32/