Il rapporto della Commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza riconosce gli sforzi elvetici, e biasima le esternazioni che peggiorano la vita di alcune minoranze
BERNA - Le autorità svizzere si stanno impegnando in modo positivo nella loro ferma condanna del razzismo, tuttavia rimangono molti punti critici, come i discorsi politici "intrisi di xenofobia". È quanto si legge nel quinto rapporto della Commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza (ECRI) sulla Confederazione pubblicato oggi, di cui il Consiglio federale ha preso atto a inizio mese.
Fra gli aspetti positivi evocati dal rapporto, vi sono il miglioramento dei servizi di consulenza per vittime di discriminazione nel quadro dei programmi d'integrazione cantonali, il potenziamento degli sforzi per la lotta al razzismo e alla discriminazione a scuola, le offerte create nel settore dell'educazione ai diritti umani e il sostegno fornito da singoli Cantoni e Comuni alle persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender).
Tuttavia, il discorso politico intriso di xenofobia e in parte di razzismo che colpisce i membri delle comunità nere, jenisch e nomadi peggiora le loro condizioni di vita. Gli episodi di discriminazione sul mercato del lavoro e nella prestazione di servizi non sono rari.
L'ECRI invita la Svizzera a potenziare le misure d'integrazione, a rafforzare la sensibilizzazione dei media alla tematica e a istituire strutture e offerte di sostegno per le persone LGBT in tutte le regioni del Paese, sottolinea un comunicato odierno del Dipartimento federale dell'interno (DFI).
Il rapporto evidenzia la mancanza di una legislazione mirata per combattere sia il razzismo che l'omofobia, argomenti per i quali non è facile avviare un'azione giudiziaria. Inoltre, la polizia non registra sistematicamente casi riguardanti queste tematiche. La Commissione federale contro il razzismo (CFR) non ha i poteri per ascoltare e prendere in considerazione denunce. L'organismo in questione non ha sufficiente indipendenza.
Problemi di integrazione - Secondo l'indice delle politiche di integrazione MIPEX III del 2011, la Svizzera ha perso posizioni, passando al 23esimo su 31 Paesi analizzati. I punti deboli riscontrati includono i ricongiungimenti famigliari, le norme sui soggiorni a lungo termine, le naturalizzazioni, le notevoli diversità di regole fra i vari Cantoni e la tutela contro le discriminazioni, che è risultata la peggiore fra le nazioni prese in considerazione.
Troppi bambini provenienti da famiglie di migranti non partecipano all'educazione pre-scolastica, un fatto che complica la padronanza di una lingua nazionale e il processo di integrazione.
L'ECRI è stata istituita nel 1993 dai capi di Stato e di governo dei Paesi membri del Consiglio d'Europa e si compone di esperti indipendenti di ogni Paese membro. I dati sulla Confederazione si fondando sull'analisi di documenti e sulle osservazioni fatte in loco da una delegazione della Commissione che ha visitato la Svizzera nell'ottobre del 2013.
Ats