Il bancomat inaugurato a ottobre non decolla: intanto San Gallo e Ginevra inaugurano altri due sportelli: e sono cinque
LUGANO - Anacronismi (e incongruenze) di una Svizzera che procede con il proprio personale e incondizionato passo, indifferente alle avvisaglie che da lontano si moltiplicano. Mentre il mondo inizia a lanciare allarmi sui bitcoin, stigmatizza una moneta di scambio virtuale che s’è appena bruciata 5 milioni di dollari, trafugati dagli hacker che hanno attaccato il principale portale europeo Bitstamp e l’hanno costretto a sospendere in queste ore le contrattazioni dei clienti, la Confederazione elvetica apre un paio di nuovi bancomat. Dopo la coppia in funzione a Zurigo e il terzo a Lugano, attivo da ottobre, si sono inaugurati ufficialmente ieri gli sportelli di Ginevra e San Gallo. Altri due sono in programma già a Basilea e Berna.
A Zurigo sono 25mila franchi al mese - Bitcoinsuisse, società promoter che da Baar si dedica alla gestione degli scambi sul territorio, ragiona intanto su dove piazzare i prossimi, sicura che sarà "nei maggiori centri urbani". Senza badare a numeri che non sempre sono lusinghieri. Perché eccola, l’altra anomalia della Svizzera che procede con doppia andatura. Mentre Zurigo dà frutti che soddisfano, con una media di 167 transazioni mensili di 150 franchi di importo medio, il Ticino lascia a desiderare. "È vero, il bancomat di Lugano non è certo il nostro sportello più utilizzato – conferma il ceo di Bitcoinsuisse Niklas Nikolajsen - Al confronto con la Svizzera interna, il giro d’affari è pari soltanto a un quinto. Le transazioni sono circa una decina a settimana, mentre il primo sportello collocato a Zurigo ne fa anche una cinquantina, per un totale di acquisto che si aggira intorno ai 25mila franchi mensili. I bitcoin venduti, invece, ammontano a circa 5mila franchi al mese". Opzione, quest’ultima, non contemplata al bancomat all’ingresso del ristorante Wok Sushi Zen di via Lambertenghi, a due passi dall’università. Dove, peraltro, l’importo medio si attesta sui 50 franchi.
Flop? Colpa della geografia - Un flop? Troppo presto per definirlo tale, anche se lo scetticismo che serpeggia negli ambienti accademici intorno a una moneta che si colloca al confine fra l’economia e l’informatica e che, a differenza di qualsiasi altro mezzo di pagamento elettronico, non possiede un valore economico reale, non lascia grandi spazi all’ottimismo. Il sospetto che sia un ottima maniera - inventata o adoperata - per occultare l’illecito alias riciclare denaro sporco, i crac che già in passato non sono mancati e i dubbi sulla sicurezza degli scambi si riflettono sul consumatore medio, restio a utilizzare i bitcoin come forma di investimento più remunerativa ma quasi disonesta: ecco dunque decifrati i volumi molto ridotti, rispetto almeno ad altri mezzi. Resta da capire perché in Ticino vada peggio che altrove: ma forse la spiegazione è meramente geografica. Le forme di pagamento elettronico sono più diffuse e avanzate nell’Europa del Nord, concordano gli esperti di economia monetaria. In Svezia è normale pagare con le carte; senza andare troppo lontano, anche solo in Italia, si preferisce di contro ancora il cartaceo.