In via Seghezzone una ventina di roulottes. Ma il campo è “provvisorio” da quattro anni (e destinato a zona artigianale). Il portavoce federale: «Sempre più discriminati»
GIUBIASCO - Una ventina di roulottes sotto il sole cocente. All'ingresso, un cartello: «Area per nomadi svizzeri». Per i membri della minoranza Jenisch accampati in via Seghezzone a Giubiasco, il caldo afoso è un problema in queste settimane. «Durante il giorno andiamo tutti a fare il bagno» spiega una signora svizzero-francese. «Stare qui non è possibile». Un valido motivo per cui la comunità da tempo chiede una sistemazione diversa: ma non è l'unico.
«Noi discriminati» - Il portavoce federale Daniel Huber contattato da tio.ch/20minuti non usa mezzi termini: «Siamo sempre più discriminati» afferma. La denuncia è stata lanciata nei giorni scorsi ma, come molte cose che riguardano gli Jenisch, è passata (quasi) inosservata. L'associazione Rad-Genossenschaft der Landstrasse rappresenta i nomadi svizzeri – Sinti e Rom inclusi – e in una nota si è detta «preoccupata per il crescente razzismo in Svizzera».
In cerca di uno spazio - Huber ne è presidente e conferma che «questo vale in particolare per alcuni cantoni tra cui il Ticino». Il motivo? «Un atteggiamento generalizzato di diffidenza da parte della gente» ma anche oggettive difficoltà. L'associazione lamenta «continue resistenze nel concedere spazi per la sosta da parte di certi Comuni» ma preferisce non specificare quali. Il Cantone, da parte sua, assicura di stare «facendo il possibile» per trovare una zona di sosta «stabile e definitiva» alla comunità (che fino al 2012 stazionava in un campeggio sul Ceneri, poi chiuso).
«Non c'è posto» - Gli Jenisch sono cittadini svizzeri e vi hanno diritto: lo dice la Costituzione federale. Ma il campo di Giubiasco è una sistemazione “provvisoria” trovata quattro anni fa, e il Comune vuole farne a breve una zona artigianale-commerciale. «Il problema è l'oggettiva mancanza di spazi sul territorio» spiega Claudio Ferrari della Polizia Cantonale, membro di un gruppo di lavoro che – spiega – ha già individuato «un paio di opzioni possibili su cui avviare delle trattative». Per Huber, però, è tempo di passare ai fatti: «Ci viene detto sempre di aspettare. Quest'estate ormai è passata. Speriamo nella prossima».