Sono spariti gli ebrei ortodossi. Elio Bollag spiega il perché
LUGANO – Gli ebrei sono abituati agli esodi. Il più noto è probabilmente quello dall’Egitto, ma anche alle nostre latitudini se n’è verificato uno, un po’ in sordina a dire il vero. Sta di fatto che gli ebrei ortodossi, che erano parte integrante del panorama luganese fino a pochi anni orsono, in particolare su un Corso Elvezia che pareva quasi un quartiere ebraico, sono spariti dalle rive del Ceresio. Il fenomeno non è nuovo - è cominciato una decina d’anni fa – ma oggi si può dire si sia concluso: di ebrei ortodossi per le strade di Lugano non se ne vede più manco l’ombra.
Per capire i motivi di questa fuga da Lugano abbiamo parlato con Elio Bollag, membro della comunità israelita, che funge un po’ da portavoce di quei pochi ebrei rimasti in Ticino.
Signor Bollag, come si spiega l’abbandono della Città da parte degli ebrei ortodossi?
“Gli ebrei ortodossi vennero a Lugano all’inizio del XX secolo e ancora nel periodo della Seconda Guerra mondiale. Si trovarono bene qui, avviarono delle piccole attività e si integrarono nella società. Molti di loro appresero pure il dialetto locale. Ancora 10 anni fa gli ebrei ortodossi facevano parte del quadro locale, ma negli ultimi anni Lugano non era più l’humus ideale per loro.”
Quali condizioni sono cambiate per spingerli a partire?
“È un po' il fatto che questi ebrei ortodossi erano abituati ad avere dei piccoli negozi a Lugano, ma il tempo dei piccoli negozi è passato, soprattutto di quelli chiusi di sabato. La concorrenza dei grandi centri commerciali è diventata troppo invadente. Piano piano questi negozi sono stati chiusi o ceduti e oggi non ci sono più negozi in mano a ebrei. L'ultimo è stato il famoso "Al buon mercato", che era un'istituzione.”
L’incendio doloso ai danni di “Al buon mercato” ha giocato un ruolo?
“No, perché l'incendio non era stato un attentato antisemita, non era quella la causa.”
E dove sono andati gli ortodossi di Lugano?
“Hanno cercato delle comunità più grandi, come a Zurigo o nelle altri grandi città europee, dove ci sono dei quartieri ebraici nei quali vivono tra di loro e ognuno fa il suo mestiere. In ogni caso gli ebrei sono storicamente abituati a spostarsi.”
A Lugano è rimasta una presenza ebraica o è sparita del tutto?
“La sinagoga di Lugano è ancora attiva, ma se prima c'erano due servizi al giorno, frequentati regolarmente da un centinaio di persone, adesso ce n’è solo uno al sabato mattina e vi partecipa una decina di fedeli. C’è poi ancora un piccolo negozio di cibi kosher in Via Lambertenghi. La scuola ebraica, invece, che era controllata dal Cantone e che funzionava bene, non c’è più. Hanno chiuso pure i due alberghi ebraici, l’Hotel Dan e il Kampler. C’è ancora un giovane rabbino, ma non ufficiale. Quello attuale funge da insegnante ai giovani, per portare avanti le tradizioni, ma ha un ruolo diverso da quello che sarebbe un rabbino nominato. La presenza ebraica si è molto affievolita: se una volta si contavano circa 800 ebrei in Ticino, oggi siamo meno di 300.”
Gli ebrei ortodossi hanno conquistato i titoli della cronaca di queste ultime settimane per la loro intransigenza a riguardo della separazione tra uomini e donne. Com’era la situazione in Ticino?
“Quel movimento di cui si sente parlare in Israele è una specie di fanatismo, come esiste in tutte le religioni, ma è una minoranza molto ristretta. È una cosa alla quale noi ebrei siamo abituati, ma di cui i media si sono appropriati perché è una brutta faccia di un estremismo che può succedere in tutte le religioni. La legge prescrive la separazione tra uomini e donne solo durante la preghiera, mentre questi estremisti interpretano la legge a modo loro. Ma non è assolutamente imposto dalla legge ebraica che uomini e donne debbano stare separati. In Ticino non ci sono mai stati problemi di questo tipo, gli ultraortodossi erano integrati nella società. Come detto, parlavano anche il dialetto locale. L'unica cosa che li distingueva era l'abito e il modo di vivere. Io li ho sempre considerati come dei monaci civili, che a differenza dei cristiani, si sposano e fanno delle grandi famiglie.”
Ma chi sono questi estremisti che fanno parlare di sé in Israele?
“L'ebreo dovrebbe passare parte della sua giornata nello studio della Torah. Ma c'è una parte di ultraortodossi che dedica tutta la vita allo studio. Sono persone che si fanno mantenere da altri, famigliari, amici, ebrei della diaspora. Il risultato è che sono mal visti dalla società, perché non pagano imposte, non fanno parte dell'armata,... Questi ultraortodossi riescono a sopravvivere perché vivono con pochissimo. È gente che non vuole possedere la televisione o altri oggetti elettronici, che adotta un modo di vivere un po' medievale.”
Quanti sono?
“Si contano 15 milioni di ebrei al mondo, di cui 7 milioni in Israele e 7 milioni negli Stati Uniti. Forse il 30% degli ebrei si può considerare ortodosso. Di questo 30% forse un 5% sono ultraortodossi, che non sono ancora quelli esagerati, e tra loro c'è questo 1% che crea lo scandalo. Ma gli ebrei ortodossi, ossia che si attengono alle leggi, si distanziano da questi movimenti che sono una scheggia di fanatismo.”
Perché adottano questo stile di vita "medievale", come dice lei?
“Di solito è uno stile di vita che viene tramandato di padre in figlio. Quelli che lo fanno sono dei convinti, lo fanno di libera scelta. Sono gruppi che sono sempre esistiti, dai tempi biblici, ma non sono in crescita, anzi.”
È un fenomeno limitato a Israele o lo si ritrova anche in altri paesi?
“In certi quartieri newyorkesi può succedere che alcuni seguano questo stile di vita e adottino le separazioni tra uomini e donne. Ma è illegale, quindi vengono praticate più in privato che ufficialmente. Altrimenti è un fenomeno che riguarda prettamente Israele, anche se quelli che praticano queste esagerazioni sono gli stessi che non ammettono l'esistenza di Israele, perché secondo loro ha il diritto di esistere solo dopo la venuta del Messia descritto dagli ebrei. Ci sono persino degli ebrei ortodossi che si sono proposti come alleati di Ahmadinejad in Iran. Ma è una loro interpretazione, gli ebrei oggigiorno sono contenti di avere lo stato di Israele come un porto di fuga. Non è scritto nei testi sacri che bisogna attendere il Messia.”