Sono una decina in Svizzera. Tra loro anche un ticinese. Sono gli accarezzatori e le accarezzatrici sessuali per portatori di handicap fisici o mentali. Sono i donatori di "felicità sessuale" per coloro ai quali la vita ha reso difficile la gioia dell'erotismo. Un progetto ostacolato, il caso Pro Infirmis di Zurigo
di Salvo Feo
LUGANO – Massaggi. Carezze. Giochi erotici. Esperienze sensuali rivolte a coloro che hanno un handicap fisico o mentale. Sono gli assistenti sessuali. In Svizzera ce ne sono una decina. Tra loro anche un ticinese che ha deciso di portare benessere a chi purtroppo non può vivere serenamente una propria vita sessuale.
Il suo nome è noto alla redazione, ma lui ha preferito restare nell’anonimato. Abita a Zurigo, ed opera essenzialmente nella Svizzera interna. Ogni anno contribuisce a donare “felicità sessuale” a dozzine di pazienti.
Un’attività che sta varcando i confini nazionali e sta interessando anche le nazioni vicine, tanto che nei prossimi corsi di assistente sessuale che verranno organizzati in autunno a Basilea dalla Fachstelle Behinderung & Sexualität, ci sono perfino richieste che arrivano dalla Francia e dall’Italia. Non solo. Ma il corso aprirà le porte – per la prima volta – agli operatori gay che assisteranno i portatori di handicap con inclinazioni omosessuali. Tra polemiche, indignazioni e approvazioni abbiamo cercato di capire, con il nostro interlocutore, il difficile rapporto che esiste tra handicap e sessualità.
Chi è l'assistente sessuale?
“È colui che assiste le esigenze sessuali delle persone che hanno un handicap fisico o mentale. Un lavoro difficile che richiede molta pazienza e impegno”.
Come si svolge esattamente il suo lavoro?
“Molto dipende dal tipo di handicap che le persone presentano. È necessario distinguere tra le persone disabili fisicamente e quelle invece che presentano un deficit mentale. Coloro che hanno un handicap fisico hanno esigenze più chiare, con loro è possibile parlare e quindi capire ciò che in realtà desiderano. Diverso invece il discorso per coloro che hanno un handicap mentale. In quel caso si tratta di adottare altre strategie, parlare innanzitutto con i genitori, con gli operatori dell’istituto e capire con loro quali sono le esigenze sessuali del paziente”.
Dove avviene solitamente l’assistenza sessuale?
“Mi reco nel domicilio del paziente. A volte anche in albergo. Non offro un rapporto sessuale completo, mi limito ad accarezzare, a massaggiare, a creare con il malato un rapporto sensuale molto epidermico. Anche perché queste persone hanno una loro sfera sessuale molto particolare”.
In che senso, mi faccia capire.
“Vede, una persona portatrice di handicap vive una sessualità completamente diversa dalla nostra. Alcune persone che hanno subito una paralisi hanno un apparato genitale poco sensibile e di conseguenza altri organi assumono una sensibilità erotica. Ad esempio alcuni possono sviluppare una sensibilità molto forte all'orecchio, che diventa di conseguenza un organo di piacere sessuale”.
Svolge questa attività anche in Ticino?
“Abito a Zurigo e quindi queste prestazioni avvengono soprattutto nella Svizzera interna. Ho anche una cliente nel nord Italia. In Ticino invece non c'è stata finora nessuna richiesta. Ad interessarsi a questa attività sono stati unicamente giornalisti e studenti e studentesse per i loro lavori scolastici”.
La sua assistenza è limitata solo alle donne o comprende anche uomini?
“Essenzialmente alle donne. Per quanto riguarda gli uomini si tratta più che altro di fornire un’educazione sessuale, come ad esempio spiegare loro la pratica della masturbazione, ma non arrivo ad avere un rapporto sessuale con la persona. Esistono operatori donne che si dedicano a loro, e in futuro anche operatori gay”.
Che si rivolgono evidentemente a portatori di handicap gay?
“Esatto. Il nuovo corso che partirà in autunno a Basilea cercherà di riempire questa lacuna, formando operatori omosessuali sia donne che uomini per venire incontro alle esigenze di persone con handicap e con inclinazioni gay”.
Con quale scadenza si svolgono questi corsi?
“Vengono organizzati quando si raggiunge un numero essenziale di operatori. È impossibile organizzare ogni anno un corso, anche perchè mancano i finanziamenti. Il prossimo sarà ad ottobre e si cercherà di formare operatori in grado di offrire rapporti sessuali completi. L'interesse per questo tipo di corso sta uscendo dai confini nazionali e abbiamo avuto richieste di gente che vuole iscriversi, oltre che dalla Germania, anche dalla Francia e dall'Italia”.
Alcuni hanno messo in relazione questo ruolo con la prostituzione. Lei cosa si sente di rispondere?
“Comprendo che qualcuno possa fare questo paragone. Vorrei ricordare però che la motivazione che c’è dietro alla prostituzione è quella di accumulare più soldi possibile nel minor tempo possibile. Qui invece è proprio il contrario, i soldi sono molto pochi e l'investimento di tempo è tantissimo. È vero anche che ci sono delle prostitute ‘nobili’ di spirito che si dedicano seriamente a questi malati, ma loro adottano altre tariffe”.
Lei dunque non lo fa per soldi?
“Niente affatto. La mia professione è quella di terapista in uno studio di medicina alternativa. Mi dedico all’assistenza sessuale solo nel tempo libero, è un’attività che di certo non mi permetterebbe in alcun modo di vivere”.
I suoi amici e la sua famiglia cosa dicono di questo lavoro?
“Mia moglie e i miei figli sono al corrente. Senza l'approvazione di mia moglie non avrei mai accettato. Considerano questo lavoro come una cosa molto normale. I miei amici hanno reagito molto bene e nessuno mi giudica per questo tipo di lavoro”.
Perchè ha deciso di farlo?
"La molla è scattata dopo aver letto un articolo che parlava di questo argomento. Ho iniziato a riflettere su una questione che prima non avevo mai preso in considerazione, quella appunto della sfera sessuale di un portatore di handicap. Credo di avere buone inclinazioni all’ascolto e saper portare benessere alle persone attraverso le mie qualità caratteriali. Quindi ho pensato di mettere a disposizione questi miei pregi a determinate persone che vorrebbero vivere la propria sessualità e non possono farlo".
Svolge questa professione ormai da circa due anni, che idea si è fatta del rapporto tra handicap e sessualità?
“È un argomento ancora molto tabù. La sessualità resta un argomento di cui si fa ancora molta difficoltà a parlare; ancora di più quando essa è legata a una malattia. Sono fermamente convinto che la sessualità sia un diritto di qualunque umano. Ci sono quelli che possono viverla senza problemi, e altri invece che vorrebbero viverla e si trovano in una situazione infelice. Aiutare queste persone mi sembra sia doveroso”.