È un progetto, presentato in anteprima mondiale a Castellinaria in questi giorni, tutto ticinese
BELLINZONA - Tra le moltissime interessanti proposte dell'edizione 2020 di Castellinaria - Festival del cinema giovane, in corso in forma virtuale proprio in questi giorni, c'è un progetto tutto ticinese in anteprima mondiale: "Cuore di tigre".
Nasce nell'ambito di "Un libro per lo schermo", frutto della collaborazione tra la Biblioteca il Gustatorie e la casa di produzione cinematografica Lakeside Pictures. Lo si potrà vedere sul sito della rassegna fino al 28 novembre. I registi di questi piccolo gioiellino d'animazione sono dieci, tutti giovanissimi: Alessandro Ottavianelli, Charlotte Nozza, Christopher Streun, Nora Marioni, Szofia Sipos, Eleonora Cardoso Fernandes, Gaia Rezzadore, Lisa Paltenghi, Michelle Bernasconi e Matilde Østergaard. Ne abbiamo parlato con la produttrice Mara Manzolini.
Come si sviluppa concretamente "Un libro per lo schermo"?
«Si parte con l'iscrizione di un gruppo di dieci allievi, delle elementari o delle medie, per sviluppare un tema di attualità. Per le elementari si parte da un libro che parla dei diritti dei bambini, con le medie lo spunto è un articolo di giornale sulla salvaguardia dell'ambiente. Qualcosa dal forte impatto emotivo. Si segue un percorso preciso: i bambini sviluppano l'idea, individualmente o a piccoli gruppi, fino a creare la storia da raccontare. È prevista una sessione nella quale si devono immedesimare nelle emozioni del personaggio e questo avviene con l'aiuto di una docente di recitazione».
Qual è il messaggio del corto?
«"Cuore di tigre" parla di una bambina indiana di otto anni che viene venduta come moglie a un uomo anziano. Florence Ravano, che è stata per diversi anni la responsabile del progetto "Parole non dette" di prevenzione primaria degli abusi sessuali di minori, è stata di grande aiuto a introdurre i bambini in questa tematica molto delicata. Gli è stato poi spiegato come creare il contesto della storia, le emozioni e come trasmettere il messaggio. Lo si fa anche analizzando film di successo come "Il re leone": si studiano le inquadrature e si apprende il loro significato, cosa succede se cambia la musica... L'obiettivo è mostrare le emozioni e far cambiare il mondo. Per loro questo cortometraggio è stata la denuncia di cose che non vanno bene, che però avvengono».
Chi sono i giovani autori di "Cuore di tigre"?
«Dieci allievi delle scuole elementari di Cureglia, tra i nove e gli undici anni. Hanno iniziato a frequentare il corso a febbraio e poi, con la pandemia, si è fermato tutto. Quest'estate però, a piccoli gruppetti, sono venuti a finire il corto».
Quindi i bambini sono stati coinvolti in ogni fase della produzione?
«Esattamente. Ognuno ha contribuito a creare la sceneggiatura, che si articola infatti in dieci scene. Ognuno ha portato la sua versione del libro e insieme hanno deciso come sviluppare la storia. In più hanno realizzato fisicamente i fondali e le sagome dei personaggi con la carta, esprimendo con i colori e le forme le sensazioni che volevano trasmettere. Siamo anche andati insieme nel bosco per prendere spunto dagli elementi della natura. Quindi abbiamo mostrato loro come si filma».
Perché è stata scelta la tecnica della stop motion?
«È la più accessibile per dei bambini, oltre che particolarmente interessante per il suo lato manuale. Sempre a gruppetti hanno appreso il funzionamento della telecamera e delle luci, hanno lavorato allo spostamento dei personaggi per creare le varie sequenze (la base di questa tecnica, ndr) e sorvegliato che lo si stesse facendo nel modo corretto».
È stata una lavorazione complicata o i bambini si sono immersi subito in questo universo creativo?
«Pensavo che sarebbe stato molto più difficile. Una volta che si sono appassionati sono stati grandi, tanto che erano loro a chiamarmi con il cellulare della mamma per chiedermi se potevano venire a costruire le scene (ride, ndr). Soprattutto le bambine: forse perché il tema le ha toccate molto di più dei maschietti».
Qual è la tua soddisfazione maggiore?
«Ho lavorato quattro anni a Londra per studiare e lavorare alla produzione di film. Mi sono sempre attivata molto per i diritti delle donne e spero di aver trasmesso questa mia passione a qualcuna delle mie piccole allieve. La soddisfazione più grande, però, è stato vedere che i bambini hanno capito cos'hanno fatto e che in loro è cambiata la prospettiva del mondo, almeno un po'».
Il progetto andrà avanti: quali tematiche saranno toccate?
«I bimbi sono talmente entusiasti che si sono iscritti quasi tutti anche i prossimi due corsi, che inizieranno il mese prossimo. Con i più piccoli affronteremo la vicenda di un bambino in Libia che deve attraversare il Mediterraneo con la famiglia, vedranno loro come raccontare questo tema. Per quelli delle medie abbiamo pensato invece sulla caccia al trofeo in Africa, ovvero questi occidentali ricchissimi che vanno, pagano per uccidere un elefante e farsi un selfie da postare sui social».