Per evitare di essere espulse se dovessero lasciare il marite, alcune preferiscono tacere e rischiare la propria vita
LOSANNA - Le donne straniere vittime di violenza domestica non hanno la garanzia di poter ottenere un permesso di soggiorno qualora dovessero lasciare il marito. Per evitare di essere espulse, alcune preferiscono tacere e rischiare la propria vita, afferma oggi in un rapporto l'Osservatorio romando del diritto di asilo e degli stranieri.
Più di tre anni dopo la riforma della legge sugli stranieri volta a meglio proteggere le vittime di violenze, il rapporto afferma che «l'applicazione eccessivamente restrittiva delle disposizioni legali da parte delle autorità amministrative e giudiziarie impedisce alle vittime di ottenere la garanzia che saranno protette contro un'espulsione».
Anche se la legge prevede il rinnovo del permesso in caso di separazione dovuta alla violenza coniugale, «nella pratica persistono numerosi ostacoli»: occorre ad esempio dimostrare le violenze, la loro intensità e la loro natura sistematica. Devono inoltre essere dimostrate le difficoltà di reintegrazione in caso di espulsione.
L'Osservatorio si esprime in modo particolarmente critico in merito alla nozione di intensità. Quest'ultima - rileva - «comporta implicitamente una soglia al disotto della quale un tribunale può considerare le violenze coniugali come tollerabili. Ciò è discutibile dal profilo etico».
Confrontate a queste difficoltà, talune donne preferiscono tacere e subire. Le donne che riescono ad ottenere un permesso sono solo quelle che hanno avuto l'opportunità di «beneficiare dello strenuo lavoro di mandatari che contestano i preavvisi negativi e stilano rapporti minuziosi».
In occasione dell'8 marzo, l'Osservatorio ricorda che nel 2014 in Svizzera quindici donne sono morte a causa di aggressioni subite in seno alla coppia. Ed altre 25 sono state vittima di un tentativo di omicidio commesso dal loro partner.