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CANTONEAssenti per "mal di scuola": l'ansia che manda in crisi gli studenti

22.04.24 - 06:30
Lo psicologo Gabriele Barreca: «Il dramma è che da ansia scolastica e assenteismo si sta trasformando in ritiro sociale»
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Assenti per "mal di scuola": l'ansia che manda in crisi gli studenti
Lo psicologo Gabriele Barreca: «Il dramma è che da ansia scolastica e assenteismo si sta trasformando in ritiro sociale»

CHIASSO - L'insostenibile "pesantezza" dell'essere entra fra i banchi di scuola e manda in tilt gli studenti, anche i giovanissimi. Ha assunto il nome di "ansia scolastica" il malessere che nasce fra le mura delle aule scolastiche e che lascia sempre più spesso come segno del suo passaggio dei banchi di scuola vuoti.

Sempre più studenti (gli psicologi parlano di un 20% a livello svizzero) si assentano dalle lezioni perché la scuola gli fa paura e genera delle crisi interiori così forti da impedire l'entrata in classe. « Il dramma è che negli ultimi anni da ansia scolastica e assenteismo si sta trasformando in dispersione vera e propria e in ritiro sociale» mette sul chi va là la questione lo psicologo Gabriele Barreca, referente del Settore corsi dell'Area Psico-Educativa di Croce Rossa Svizzera in Ticino.

Il mal di scuola: un fenomeno che viene da lontano e che si sta trasformando in "ritiro sociale" - Chi pensa che il "mal di scuola" sia un fenomeno che appartiene strettamente all'epoca digitale si sbaglia: «Assolutamente - conferma Barreca - il problema dell'ansia scolastica non è un problema di oggi. Il grande problema è che dieci o quindici anni fa i casi di ritiri sociali riguardavano ragazzi in tarda adolescenza, mentre oggi il trend sembra aver abbassato l’età, per cui i ragazzi che fanno fatica ad andare a scuola iniziano a ritirarsi anche dagli altri contesti sociali, come lo sport o altri settori del tempo libero».

L'ansia da performance e la paura che blocca - Ma da cosa nasce questa idea di esilio già a quella giovane età? Per lo psicologo «nell'alveo dei "buoni" motivi per cui un ragazzo decide di non andare a scuola se ne sono possono trovano tanti. Quello della performance per esempio incide tanto, in un tempo storico come questo nel quale dobbiamo performare tutti alla grande. Quindi, certamente, il tema delle aspettative e il timore di non saperle onorare incide nell'insorgenza di uno stato di crisi».

«Un grande senso di isolamento interiore» - Parlando con i ragazzi e le ragazze affette da questo malessere emerge spesso «un grande senso di isolamento interiore» dettato anche dalla difficile relazione che viene a instaurarsi con i genitori. «Questo ce lo confermano i genitori stessi - afferma Barreca - gli adulti ci dicono che fanno fatica a stabilire un sistema di regole che sia adeguato e funzionale, i ragazzi ci confermano che si vedono all'interno di un sistema di regole che fanno fatica a capire perché a volte è incoerente e contraddittorio.

Questo isolamento, il sentire che stanno crescendo da soli - spiega - li porta a uno stato di alienazione che li porta a chiudersi in uno spazio che loro considerano protetto, come può essere ad esempio la loro stanza, da cui non escono nemmeno per andare a scuola. Abbiamo assistito a casi di giovani che si sono reclusi nella loro cameretta addirittura per oltre sei mesi, i famosi Hikikomori».

«Dialogare con i ragazzi senza i grandi filtri degli adulti» - Molti genitori si chiedono quali strategie mettere in campo per fronteggiare questo stato di "fermo" e di vita sospesa, che pregiudica a volte anche il percorso formativo: Barreca specifica che difficilmente si può avere in tasca la ricetta che vada bene per tutti, però afferma che la problematica può essere contrastata solo «nel momento in cui si crea con i ragazzi uno spazio di confronto libero nel quale possano raccontare la propria storia. Una cosa che abbiamo notato - racconta - è che i ragazzi si aprono quando parli senza i grandi filtri degli adulti e sei disposto ad ascoltarli in modo autentico. E allora scopriamo che i ragazzi raccontano e questo è già terapeutico».

Una cosa che funziona molto - rivela - è «creare da un lato delle reti con le agenzie educative, la scuola in primis, e poi fare alleanze con le famiglie, con momenti di confronto: un format online di Croce Rossa che sta andando molto bene, si chiama “Un'ora parliamo di” pensato per genitori con i quali si ci confronta su diverse tematiche legate alle sfide educative».

La zona buia dove non si capisce bene quale sia il senso della vita - Quindi l'avvicinamento alla zona buia dove l'adolescente si è rifugiato e da cui non vuole uscire va condotto su due piani (quello dei genitori e dei figli), questo perché «fondamentalmente le sfide che affrontano gli adolescenti sono sempre le stesse da secoli - dice Barreca - il problema è che oggi hanno paradossalmente meno strumenti e con un contesto sociale che non è più accogliente e contenitivo, come magari poteva esserlo quindici/vent'anni fa. Quindi per i ragazzi aumentano da un lato le difficoltà di affrontare il percorso di crescita e dall'altro sono consapevoli o meglio percepiscono di essere sempre più soli. I nostri ragazzi vivono fondamentalmente in un contesto in cui dal punto di vista esistenziale non si capisce bene quale sia il senso della vita, qual è il loro ruolo nel mondo e qual è la direzione da seguire».

Le azioni progettuali del Settore Corsi della Croce Rossa - Per contrastare il "buco" nero dell'isolamento, si deve partire da lontano per creare delle reti di protezione: «Come Settore Corsi di Croce Rossa - fa sapere Barreca - facciamo dei percorsi nella scuola già dall’infanzia per alfabetizzarli sulla capacità di riconoscere le emozioni e di gestire i conflitti attraverso delle attività ludiche aiutarli a identificare ad esempio emozioni come la rabbia distinguendola dall'aggressività, oppure scoprire la paura ma anche la tristezza, facendo passare il messaggio che le emozioni non si possono non sperimentare e che scappando da esse in realtà si iniziano a combinare un po' di guai». Per la scuola elementare e media - aggiunge - ci sono poi dei percorsi di “educazione digitale” che insegnano a utilizzare le tecnologie in modo etico e responsabile. Inoltre si previene bullismo e cyberbullismo: uno di questi progetti si chiama "Sai del bullismo? Se sai non fai"».

L'App dedicata - Barreca e i suoi collaboratori nelle scuole lavorano molto sul concetto di intelligenza emotiva, “alleniamo quelle competenze che aiutano i ragazzi a crescere in un modo equilibrato, potenziando la consapevolezza e l'empatia». E fra i progetti in cantiere per arginare il "mal di scuola" «stiamo perfezionando un'applicazione che attraverso la realtà virtuale aiuterà i ragazzi a migliorare la qualità delle relazioni sociali e a mettersi nei panni degli altri. Un nuovo percorso dove gli studenti potranno descrivere situazioni di eventuale disagio vissuto, condividendo con altri loro coetanei questa esperienza: si avrà quindi la possibilità di monitore i dati e capire più da vicino a livello cantonale quale è la situazione del malessere giovanile».

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COMMENTI
 

Aaahhh 1 sett fa su tio
Passano tutti gli anni scolastici con aiuti i vari e pare non basta nemmeno quello. Chissà la paura di piegare la schiena quando si tratterà di lavorare. Uh che parolaccia lavorare. Che generazione di smidollati… fortuna che non sono tutti così

Emib5 1 sett fa su tio
Ma come? Si continua a ripetere che la scuola di oggi, in particolare la media, non ha più la qualità di un tempo e ora di colpo si parla di una scuola troppo selettiva? Per la mia esperienza, una buona parte dei ragazzi di oggi non sarebbe stata in grado di affrontare il ginnasio o il liceo di un tempo. Concordo ampiamente invece con quanti ribadiscono che ai figli oggi non si chiede più impegno e sforzo per raggiungere i propri obiettivi, è più facile concedere tutto, e subito.

Eneri 1 sett fa su tio
Vogliamo parlare dell'ansia creata da certe docenti ad allievi di prima elementare? Certo che se le direzioni sono per zona e manca un controllo dall'alto (che sia un direttore generale o un ispettore - ma questi ormai se ne stanno nei propri uffici) nessuno interverrà (anche per mancanza di coraggio e/ o competenza) e gli allievi resteranno vittime. E ne pagheranno le conseguenze per tutta la vita. DECS e Municipio, se ci siete, battete un colpo!

Kelt 1 sett fa su tio
La famiglie stanno crescendo una generazione di ragazzi fragili. Galimberti spiega che, soddisfare ogni desiderio ancora prima che esso nasca, priva la persona dello sviluppo fondamentale della ricerca del bisogno. Se non ho più bisogni o desideri muoio un pò...il secondo elemento è conoscere la frustrazione e imparare a rialzarsi. Se non mi viene mai detto un solo no o non ho mai conosciuto realmente una sfida, anche perdendola, non conosco l'insuccesso. Oggi le richieste della scuola sono oggettivamente molto più basse e più blande di 40 anni fa. Uno studente di quarta media oggi fa quello che noi facevamo in seconda. Anche al Liceo il leit motiv è questo. Dov' dunque il punto? Deve essere nella minore capacità di questi studenti di impegnarsi davvero e resistere a qualche urto. Mi spiace davvero. Posso però garantirvi che, alla faccia di tutti i sedicenti pedagoghi di questo Cantone, visto il ragazzo/a, si può facilmente fare un ritratto di come saranno i genitori...

Fafner 1 sett fa su tio
Risposta a Kelt
Purtroppo tutto verissimo.

Voilà 1 sett fa su tio
Risposta a Kelt
Non credo proprio, le richieste della scuola di oggi sono superiori a quelle di anni fa. Proprio pochi giorni fa un medico che ha una figlia che frequenta il liceo scientifico mi diceva che è confrontata con temi che ai suoi tempi si trattavano all'inizio dell'università. Inoltre oggi c'è molta più competitività e gli insuccessi si pagano più cari che allora, a questo si aggiunge che il futuro è più incerto, anche quello professionale, e la prevalenza della cultura dell'avere su quella dell'essere l'abbiamo creata noi.

Kelt 1 sett fa su tio
Risposta a Voilà
Voilà su questo abbiamo davvero opinioni discordanti. Chieda a qualunque insegnante abbia più di 50 anni e le dirà. 30 anni fa si facevano argomenti che oggi farebbero fatica a comprendere. Il carico di lavoro che veniva dato per casa era notevole oggi quasi inesistente. Non si viene più bocciati (e se mi permette questo toglie un bel pò di stress). Si fanno compiti a contenuti differenziati per permettere agli studenti più fragili di prendere la sufficienza. C'è lo studio assistito, ci sono le ricerche di gruppo. Concedono di recuperare i compiti, non si fanno più interrogazioni a sorpresa a quasi più nessuno viene interrogato oralmente. Ci sono le lezioni registrate on-line. Ma andiamo! Oggi per andar male a scuola è proprio perché non si ha voglia di studiare. Niente di male ma non scegliere il Liceo, non fa per te. Tutta questa competitività poi non la vedo proprio. Si sono inventati decine di strade alternative per permettere a tutti di entrare dalla finestra dell'Università. Conoscono personalmente un ragazzo senza nemmeno il diploma al quale hanno mutato in crediti gli anni lavorativi per permettergli d'iscriversi all'USI! E' uno che avrà letto 3 libri in tutta la sua vita. In azienda non riusciamo mai a trovare giovani adeguatamente preparati. Hanno i titoli, hanno le note che cerchiamo. Poi fai il colloquio e lì un disastro...dove sono questi studenti competitivi e preparati? Li abbiamo resi più insicuri noi genitori? Può darsi ma non nascondiamo la verità. La causa è nella loro fragilità non nelle difficoltà crescenti di questa società perennemente immatura e superficiale.

Gufo1 1 sett fa su tio
Non c'è da stupirsi che i nostri giovani diventino sempre meno resilienti: i genitori, la scuola, la società fanno di tutto per tirarli su con sempre meno certezze. Padre e madre latitanti (checchessia, la priorità viene data alla professione invece che alla famiglia) oppure iper-ansiosi, che tampinano i figli, togliendo loro ogni libertà. Anche quella di fallire di tanto in tanto nella vita. La scuola sembra oggi più interessata a temi come gender, multiculturalità e simili invece di preparare i giovani a fronteggiare la realtà del mondo là fuori. La società privilegia supportare minoranze e quella pseudo-socialità che toglie risorse e tempo ai docenti per fare il loro lavoro.

Voilà 1 sett fa su tio
Risposta a Gufo1
Magari, dati i bassi salari e l'alto costo della vita, dare la priorità alla professione è un obbligo, non uno sfizio.

vulpus 1 sett fa su tio
Un'ansia che arriva da lontano, e non solo per gli studenti. I rapporti sono già difficili in altro tra dipartimento e direzioni scolastiche, poi tra le direzioni e gli insegnanti, e a cascata si riversa tra insegnanti e studenti. Una scuola troppo ingessata in regolamenti e obiettivi, dove spesso gli insegnanti devono inventarsi modi di procedere di valutare ,in quanto i regolamenti di base non si addicono a tutte le materie. In un periodo di grande incertezza, ci vorrebbe maggior flessibilità e comprensione. E talvolta emergono le incompetenze di chi dirige ed ha avuto accesso al posto per i soliti meriti diversi da quelli delle competenze e capacità.
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