Il 16 settembre il grande regista sarà l'ospite speciale del festival letterario
BELLINZONA - Spingersi verso terre solitarie, remote o sotto costa, formate dall’erosione o sorte dai vulcani, reali, immaginarie o metaforiche: il 2023 è l’anno di Babel Isole. Già il festival letterario di Bellinzona si occupa quest'anno delle isole letterarie e linguistiche.
Terre che emergono da sempre dall'oceano della letteratura e della storia come territori sia fisici che mentali: paradisi in cui rifugiarsi o inferni da cui si cerca solo di fuggire, luoghi di preservazione e ibridazione, ideali per innalzare utopie o carceri inviolabili, avamposti da conquistare, puntini di resistenza che non si lasciano sommergere, a volte introvabili come la Rokovoko di Moby Dick «che non è indicata su nessuna mappa» perché «i posti veri non lo sono mai». Ma le isole sono ovunque: isole di gioia e di tormento, di evasione e reclusione. E se il poeta e chierico John Donne ci ricordava che «nessun uomo è un’isola» è perché ognuno di noi tende a diventarlo.
Babel invita scrittrici e scrittori provenienti dalle isole, o che grazie alla forza magmatica o al lento accumulo delle loro storie hanno creato interi arcipelaghi mai avvistati prima d’ora. E con loro chi ostinatamente e in qualsiasi tempo ne traghetta le parole fino ai porti della nostra lingua.
Ospite d'onore del festival: il grande Werner Herzog, che sarà protagonista dell’incontro “Isole di resistenza” di sabato 16 settembre in dialogo con il poeta Fabio Pusterla. Herzog è tra i più grandi cineasti di sempre, eppure si dice certo che sarà ricordato non per "Aguirre, furore di Dio" o "Fitzcarraldo", per "Cave of Forgotten Dreams" o "Encounters at the End of the World", ma per quello che scrive. Herzog ci parla del suo lavoro a partire da "Il crepuscolo del mondo" (Feltrinelli 2021), storia del soldato giapponese Hiroo Onoda, che per ventinove anni, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, ha difeso un’isola delle Filippine, convinto che il conflitto fosse ancora in corso: una resistenza a oltranza, caparbia e irragionevole quanto quella di Herzog stesso, che in sessant’anni di carriera non ha mai smesso di lottare per l'indipendenza della propria arte.