Italia e Cannabis light: una situazione poco chiara
Nel corso dei nostri numerosi incontri e conversazioni con amici, clienti e persone incuriosite dal mondo della Cannabis spesso ci vengono chiesti chiarimenti quanto alla normativa italiana.
Se dovessimo cercare di riassumere, in un solo termine, l’attuale situazione normativa italiana in ambito di Cannabis Light, il termine “CAOS” sarebbe probabilmente il più appropriato.
In questo articolo proveremo a trattare l’argomento analizzando le principali caratteristiche di un quadro normativo nebuloso, confuso ed incerto, sia sul piano della coltivazione che del consumo di prodotti della Cannabis.
La disciplina della Cannabis Light (o Cannabis CBD) in Italia è piuttosto complessa ed è spesso fonte di dubbi ed interpretazioni divergenti. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza sulla tematica.
Il 2016: la genesi della Cannabis Light in Italia
Nel corso degli ultimi anni alcune aziende italiane, basandosi su un’interpretazione della legge del 242 del 2016, hanno iniziato ad acquistare (e rivendere) infiorescenze di canapa provenienti dalle storiche piantagioni di canapa industriale per le quali l’Italia è stata leader per tanto tempo. In termini generali, questa legge precisa che le piante di Cannabis che non superano lo 0.6% di THC non sono considerabili come stupefacenti.
Nasce così un mercato di Cannabis Light relativamente ben normato a monte della filiera (ovvero della parte produttiva), privo di una regolamentazione chiara a valle, per l’utilizzo ed il consumo di questo prodotto. La legge infatti non cita, nell’elenco dei prodotti della canapa, le infiorescenze. Partendo dal principio che, non essendone fatta menzione nella legge, non ne è stato nemmeno fatto divieto, è nasce così nel 2017, un nuovo mercato a livello nazionale.
Formalmente le infiorescenze di Cannabis Light sono vendute a “scopo tecnico” o “scopo di ricerca”. Cosa ne faccia il consumatore del barattolo di infiorescenze acquistato in uno dei tanti shop sparsi per la penisola non è mai stato effettivamente definito o normato.
In termini concreti, la combustione delle infiorescenze appare come una pratica tutt’ora potenzialmente problematica anche se con una sentenza del dicembre 2019, la Corte di Cassazione ha stabilito che la coltivazione, finalizzata all’uso personale, non può essere considerata una condotta colpevole. Nuovamente un po’ caos.
Le recenti evoluzioni normative ed interpretative
A più riprese la Corte di Cassazione è stata chiamata in causa per esprimersi sulla materia e lo status normativo che regolamenta la Cannabis Light, spesso con esiti discordanti che hanno aggiunto incertezza ed instabilità.
Partendo dalle più recenti evoluzioni in ambito normativo, la recente sentenza della Cassazione introduce un nuovo parametro molto importante:
“…Integrano il reato le condotte di cessione, di vendita, e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis “sativa L”, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante…”
In un’interminabile diatriba relativa all’interpretazione del quadro normativo vigente, nasce, con la sentenza citata poc’anzi, il concetto di “efficacia drogante” quale discrimine relativo alla legalità della commercializzazione dei prodotti derivati dalla Cannabis. In quale percentuale massima di THC ciò si traduca non è ancora dato saperlo in maniera diretta e definita. Ne parleremo nel prossimo articolo!
Articolo a cura di MA True Cannabis