La comparsa di tracce di sangue deve essere verificata con il ginecologo per scongiurare gravi rischi
Dopo l’avvio di una gravidanza, si sa, sono molte le cose da tenere sotto controllo, mentre ci si abitua ai cambiamenti del proprio corpo che affronta situazioni – ed anche emozioni – del tutto nuove. Le incertezze ed i timori non sono rari e le future mamme si ritrovano a fare i conti con tutto ciò di cui hanno spesso sentito parlare, rendendosi conto che il coinvolgimento personale rende, come sempre, meno razionali e pronte. Tra le cause di preoccupazione delle donne incinte ci sono, indubbiamente, le perdite che spesso compaiono soprattutto all’inizio della gravidanza. Piccole tracce di sangue, infatti, possono essere frequenti nei primi mesi di gestazione e non rappresentano un evento allarmante poiché sono riconducibili ad eventi specifici.
Si può trattare, infatti, delle cosiddette perdite da impianto, derivanti proprio dal posizionamento dell’embrione nell’utero, o delle conseguenze di visite ginecologiche o di rapporti sessuali che potrebbero causare la rottura di alcuni capillari. Le macchioline rossastre sulle mutandine possono essere anche causate da emorroidi o ragadi, nel caso si abbiano problemi di stitichezza. La chiave di lettura di queste perdite è la loro frequenza. Se si tratta di episodi occasionali e di scarsa entità non c’è motivo di allarmarsi e si può consultare il ginecologo solo per una totale tranquillità. Rivolgersi al medico o allo specialista di riferimento, o andare in ospedale, invece, diventa necessario se le perdite sono notevoli, di colore rosso vivo e se si presentano insieme a dolori intensi al ventre.
Questi elementi potrebbero far pensare ad una minaccia d’aborto, soprattutto nel primo trimestre di gravidanza. Solo il medico può verificare la realtà della situazione e controllare le condizioni del feto con un’ecografia e, grazie ad un intervento tempestivo, può indicare il trattamento più idoneo tra assunzione di farmaci – come il progesterone – utili a favorire l’impianto corretto o a bloccare le contrazioni dell’utero; l’astensione dai rapporti sessuali, il riposo e persino il ricovero. Se le perdite ematiche si presentano nel secondo trimestre di gravidanza possono indicare una minaccia di aborto tardivo, mentre dalla ventiquattresima settimana possono rappresentare una sintomo di parto pretermine, soprattutto se accompagnate da contrazioni uterine. In entrambi i casi è necessario rivolgersi repentinamente al proprio ginecologo o ad una struttura ospedaliera.
TMT (ti.mamme team)