Percorsi personalizzati e integrativi servono a superare le difficoltà dei piccoli non udenti
Sentire è un meccanismo scontato per chi non ha problemi di udito: le onde sonore arrivano nella coclea, la parte dell’orecchio che le converte in impulsi elettrici che arrivano al cervello dove vengono convertiti, diventando i suoni. Questo è quello che accade nella quotidianità di chi sente senza problemi, mentre chi ha problemi di sordità affronta situazioni diverse e più complicate. E sono tanti i bambini in queste condizioni. La sordità infantile, infatti, è piuttosto diffusa e conta soggetti affetti da riduzione dell’udito e sordità progressiva o acquisita. I test a disposizione attualmente permettono di individuare precocemente i problemi di udito nei bambini e, grazie agli screening neonatali è possibile effettuare una diagnosi di sordità già nei primissimi mesi di vita. Il neonato con problemi uditivi evidentemente non ha la capacità di rispondere a stimoli uditivi e questa condizione potrebbe avere conseguenze anche sul suo sviluppo verbale e linguistico, con inevitabili ricadute sulla comunicazione e sui suoi progressi scolastici e sociali. Per ovviare a queste difficoltà è necessario relazionarsi in modo corretto con i bambini sordi, ricordando che ognuno di loro ha una storia personale unica e richiede una strategia comunicativa dedicata.
Ma come relazionarsi con un bambino sordo? Generalmente si pensa che la lingua dei segni sia lo strumento universale per comunicare con i non udenti, ma non tutti i bambini la conoscono, quindi l’approccio deve essere specifico in base alle preferenze del piccolo interlocutore. Richiamare l’attenzione del bambino non udente e mantenere il contatto visivo con lui sono i primi passi fondamentali nella comunicazione con lui che dovrà escludere la gestualità di chi parla per non confondere la comprensione della lettura labiale o della lingua dei segni. La lettura delle labbra deve essere consentita parlando lentamente ed evitando di coprire la bocca o voltarsi mentre si parla e in nessun caso bisogna commettere l’errore di escludere il piccolo con problemi di udito da una conversazione che lo riguarda, rivolgendosi magari ai suoi genitori per avere la sicurezza di farsi capire. A scuola il coinvolgimento del bambino sordo sarà a cura degli insegnanti che avranno il compito di adattare il proprio lavoro alle esigenze di quello studente speciale.
Frasi brevi e lineari, evitando giri di parole, saranno una scelta ottimale per favorire la comprensione dei concetti spiegati, ricordando che i bambini non udenti sono legati al significato letterale dei pensieri espressi e, quindi, non colgono ironia e metafore che andranno spiegate. L’utilizzo di strumenti visivi è di grande utilità per i bambini sordi che riescono, così, a fissare i vari concetti, mentre uno schedario personale li aiuterà a catalogare termini e pensieri nuovi, corredandoli di un’immagine esplicativa. Accanto al percorso personalizzato, però, ogni bambino sordo ha bisogno di essere integrato nella classe e per questo sarà importante lavorare sulla sensibilità dei compagni affinché comprendano le sue difficoltà e si rendano disponibili e capaci di superarle offrendogli l’aiuto necessario a condividere la vita di classe.