È giusto che siano i genitori a scegliere il credo dei propri figli sin da piccoli?
Un po’ tutti siamo figli delle tradizioni, delle abitudini e delle cose tramandate senza riflettere: dal modo di preparare il sugo per condire la pasta alla religione. Il paragone non vuole essere blasfemo, ovviamente, e serve solo a sottolineare come spesso la scelta della fede religiosa dei bambini è una sorta di procedura d’ufficio con la quale mamma e papà fanno seguire le orme della famiglia. Il piccolo sarà cattolico, buddista, indù, musulmano o qualsiasi altra cosa come mamma e papà. O almeno così si pensava in passato, mentre oggi esiste un dibattito acceso sulla legittimità della scelta effettuata dai genitori: è giusto consacrare i bambini ad un credo religioso o è preferibile lasciarli liberi di scegliere, da adulti, quale religione seguire?
Partiamo dal presupposto che l’indottrinamento del catechismo non è più uno sterile mandare a memoria preghiere e giaculatorie, oggi la fede non ha necessariamente bisogno del contesto istituzionale di appartenenza per essere professata e lo stesso catechismo è diventato strumento per invogliare alla riflessione sulla realtà circostante. Utile, quindi, lasciare che i propri figli frequentino il catechismo anche per un arricchimento culturale e conoscitivo, ma non è condannabile la mancata frequenza perché alla fine i sacramenti potranno essere ricevuti anche da adulti dopo una scelta personale. Del resto il catechismo moderno ha accantonato il mero indottrinamento teologico per lasciare più spazio all’insegnamento dell’amore universale, sperando di educare i bambini ai valori di solidarietà e accoglienza. Nella decisione di avviare o meno i propri figli alla pratica religiosa bisogna riferirsi all’indiscutibile principio di libertà che fa bella mostra di sé anche quando gli stessi genitori professano religioni diverse o uno dei due è totalmente ateo.
Gli eventuali disaccordi in materia di fede da seguire potrebbero essere notevoli e nell’incertezza di fare la cosa giusta spingendo il piccolo a seguire una religione o l’altra si può decidere di lasciare che la scelta la faccia personalmente da grande o, al contrario, lasciandogli frequentare il catechismo anche solo per capire di che cosa si parla. L’importante è che né a casa né in chiesa il bambino sia costretto ad ascoltare e assorbire stereotipi su argomenti delicati che la religione può giudicare in maniera assoluta. È vero anche che se la famiglia sceglie per il pargolo l’avvicinamento ad una determinata fede, egli sarà libero di cambiare idea una volta cresciuto, optando per il credo più vicino al suo modo di pensare. Ai genitori, in definitiva, spetta il compito inderogabile di inculcare nei propri figli i valori di giustizia, amore per il prossimo e onestà che valgono sempre, a prescindere dalla fede professata.