Un team di giornalisti della Süddeutsche Zeitung ha descritto in un reportage cosa succede dietro le quinte del social network americano
BERLINO - Facebook dietro le quinte. Lo svela la «Süddeutsche Zeitung» (SZ), con un articolo che, giovedì sera ha suscitato scalpore e trovato ampio spazio sui media online tedeschi.
Nel reportage vengono descritte le regole «segrete» sulla cancellazione dei commenti, ma anche dell'alta pressione psicologica esercitata nei confronti dei 600 collaboratori assunti dalla Arvato, società appartenente al gruppo Bertelsmann su mandato di Facebook.
Le regole sulla cancellazione
Come riferisce la Bild-Zeitung, una fotografia con scene di nuda e cruda violenza può essere pubblicata se non è collegata con commenti che ne esaltano e lodano l'illustrazione. Per quanto riguarda, invece, i commenti che incitano all'odio non vi è alcuno spazio e vengono cancellati direttamente.
La Süddeutsche Zeitung illustra con un esempio concreto la regola riguardante le immagini da eliminare. «La foto di un impiccato può essere segnalata soltanto se accompagnata da un commento che incita o è a favore della pena di morte, come per esempio: «Impiccate questo pezzo di m...».
Le condizioni di lavoro
Alcuni giornalisti del quotidiano monacense hanno potuto raccogliere informazioni sulle condizioni di lavoro, attraverso i racconti di collaboratori ed ex collaboratori facenti parte del team impiegato dall'azienda ingaggiata da Facebook. Stando alla "SZ", i dipendenti devono patire condizioni di lavoro pessime: stress, sovraccarico lavorativo e una assistenza psicologica insufficiente.
Sono circa 600 le persone che si occupano di controllare messaggi in lingua tedesca, francese, spagnola, turca e araba. Come riferisce sempre la «SZ», vi sarebbero addirittura alcuni collaboratori che presentano disturbi post-traumatici.
I collaboratori devono guardarsi foto e video con scene di tortura, uccisioni e abusi su bambini.
Assunti profughi siriani, costretti a guardarsi scene di inaudita atrocità
C'è anche un altro aspetto sollevato dal quotidiano bavarese. Tra i 600 dipendenti che conta Arvato, vi sarebbero anche profughi siriani. Nei turni di lavoro i richiedenti asilo, che lavorano per un importo poco sopra il salario minimo imposto dalla legge, devono sorbirsi la visione di video di crudeltà inaudita, nonostante siano fuggiti da poco dalla dura realtà della violenza della guerra.
I collaboratori si sentirebbero abbandonati da Arvato e da Facebook. Infatti, come riferisce la Bild.de, non sarebbe stato disposto un aiuto professionale sufficiente per fare fronte alle problematiche sopra descritte.