Autore di un atteso libro sull'omosessualità nella Santa Sede, Frédéric Martel ci parla della sua «pervasività». Anche nel clero elvetico
CITTÀ DEL VATICANO / PARIGI - Quattro anni d'inchiesta, «1'500 interviste» con cardinali, vescovi e preti, 632 pagine di rivelazioni che promettono di scuotere la Chiesa cattolica proprio nel giorno in cui in Vaticano si apre un importante vertice su pedofilia e abusi. Giovedì 21 febbraio esce "Sodoma" (Feltrinelli), il nuovo libro dello scrittore e giornalista francese Frédéric Martel.
Regolarmente ospite di tre prelati nella Santa Sede (in quanto gay possiederebbe «i codici» per introdursi in questo ambiente, ha detto su TF1), Martel non intende rivelare l'omosessualità di nessuno in particolare, ma denunciare l'incoerenza di una struttura che giudica i rapporti gay come «intrinsecamente disordinati» e da disapprovare, ma al suo interno tollera persino «festini a base di sesso e droga» tra uomini. Lo abbiamo intervistato.
Signor Martel, lei parla dell’omosessualità in Vaticano come di un «segreto di Stato», tuttavia è stato ospitato a più riprese e senza alcun problema nella città Stato durante la sua inchiesta? Come lo spiega?
La pervasività massiccia dell’omosessualità in Vaticano è, effettivamente, un segreto di Stato. È la conclusione della mia indagine, per la quale ho intervistato centinaia di cardinali, vescovi e preti. Ho soggiornato nella città Stato solo verso la fine, l’ultimo anno, ed è vero che alcuni miei amici cardinali e preti mi hanno ospitato. Si tratta solo di amici, ma c’è molta seduzione in Vaticano!
Tra gli ecclesiastici omosessuali che ha intervistato ce ne saranno che vivono in castità come richiesto dalla Chiesa. Quanti sono?
Come si fa a saperlo? Da parte mia non azzardo cifre. Penso che l’omosessualità sia abbastanza maggioritaria in numerosi contesti in Vaticano, ma un omosessuale può benissimo essere casto e fedele ai voti che ha preso. Si definisce “omofilo”, un omosessuale non praticante. Ricostruisco anche la storia di questa sensibilità, che è ugualmente molto diffusa in Vaticano.
Ha intervistato anche delle guardie svizzere: come hanno reagito alle sue domande?
Nel complesso - e questa è stata una sorpresa per me - le guardie svizzere sono generalmente eterosessuali e molto critiche verso il celibato che è loro imposto (possono sposarsi solo dopo tre anni di servizio e firmando per altri tre anni, devono avere almeno 25 anni e aver raggiunto il grado di Caporale, Ndr). È un vero scandalo che non possano essere sposate. Certamente, sono spesso oggetto dei tentativi di seduzione di prelati alti e bassi.
Esistono delle relazioni di natura omosessuale tra le guardie svizzere o tra loro e gli ecclesiastici?
Mi hanno parlato di relazioni amorose tra dei cardinali e delle guardie svizzere - dei casi precisi, con nomi e cognomi -, ma penso che sia un fenomeno molto limitato. Le guardie svizzere, del resto, sono dei militari, generalmente abbastanza riservati su questi temi.
Ha intervistato anche degli ecclesiastici svizzeri? Che cosa dicono riguardo all’omosessualità nel clero elvetico?
Ho lavorato nel mondo cattolico svizzero, a Basilea, Coira, Ginevra, Illnau-Effretikon, Losanna, Lucerna, San Gallo e Zurigo. Durante la mia inchiesta sono venuto in Svizzera tutti i mesi perché sono ricercatore all’Alta scuola d’arte di Zurigo (ZHdK). Conosco bene la rete cattolica e quella omosessuale di questo Paese: sono due mondi abbastanza vicini! La Svizzera non sfugge alle regole e agli elementi che costituiscono la conclusione del mio libro.
Nelle anticipazioni del suo libro le donne sembrano non esistere. L’omosessualità tra le suore è un segreto ancora più grande di quella tra i preti in Vaticano?
È proprio così. Il Vaticano è un mondo senza donne, di una misoginia abissale. Anche i segretari dei cardinali sono uomini! Ipotizzo tuttavia che il lesbismo giochi un ruolo simile all’omosessualità maschile, ma non ho potuto indagare in questo mondo religioso femminile. Ci ho provato, ma non è possibile per un uomo.