Un team di studiosi ribadisce che esiste un collegamento tra diffusione del coronavirus e la quantità di polveri fini
Sabato l'assessore lombardo Cattaneo aveva definito i dati «non sufficientemente chiari»
ROMA - «Può non bastare un metro di distanza» come distanziamento precauzionale tra le persone. È quanto si legge in una nota congiunta di esperti e ricercatori della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA), Università di Bari (UniBa) e Università di Bologna (UniBo), autori di un position paper pubblicato nei giorni scorsi, in cui si evidenzia una correlazione tra la presenza di particolato atmosferico nell'aria e la diffusione del coronavirus in determinate aree del Paese.
«Il nostro studio - si sottolinea - è condotto con metodo scientifico, basandosi su evidenze. La correlazione è presente. Che i virus si diffondano nell'aria trasportati dalle polveri trova riscontro nella letteratura scientifica. Come trova riscontro il fatto che restino attivi per diverse ore. Perciò è importante ribadire che in condizioni di alte concentrazioni di particolato un metro di distanza tra le persone è necessario ma potrebbe non bastare, sia in ambienti outdoor che indoor».
Quindi cosa raccomandano «Occorre ridurre le emissioni al minimo e le distanze tra le persone al massimo».
Lo scetticismo di politici e imprenditori - Le conclusioni della ricerca pubblicata qualche giorno fa non avevano affatto convinto il mondo della politica e dell'imprenditoria. Sabato l’assessore regionale all’Ambiente e Clima della Lombardia, Raffaele Cattaneo, aveva dichiarato in diretta Facebook: «Non è affatto dimostrata l’associazione tra Pm10 e coronavirus perché non ci sono ancora dati sufficientemente chiari». A suo dire erano state diffuse notizie «senza un adeguato fondamento scientifico» e aveva citato una nota della Società italiana di aerosol (Ias), ente che raggruppa circa 150 ricercatori ed esperti di varie università italiane ma anche di ricerca delle agenzie di protezione dell’ambiente del settore privato.
«La Società italiana di aerosol» aveva spiegato Cattaneo «dice esplicitamente che lo studio di questi ricercatori è lacunoso, deficitario dal punto di vista del metodo e che non dimostra alcun nesso di causalità e, quindi, invita a non diffondere informazioni allarmanti».
«La nostra Agenzia regionale di protezione ambientale (Arpa) – aveva concluso Cattaneo – sta verificando tutti i dati di questa situazione straordinaria. È anche una occasione per capire bene l’effetto sull’inquinamento del traffico e delle nostre attività normali. La vogliamo usare anche a questo scopo a non diffondiamo notizie allarmistiche che non sono scientificamente provate».
Carlo Bonomi, presidente di Assolombarda - l'associazione delle imprese che operano nelle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza - sempre sabato aveva negato a Repubblica l'esistenza di un nesso tra diffusione del virus e aria inquinata a causa della presenza di fabbriche e attività. «Non credo ci sia questo rapporto, nessun dato conferma un'ipotesi di questo tipo. Piuttosto noto che si sta cercando di far passare l'idea che la colpa del contagio siano le imprese. È un paradigma del sentimento anti-industriale che c'è nel nostro Paese. Eppure se si stanno realizzando nuovi reparti di terapia intensiva in pochi giorni, è grazie alle imprese».