La struttura è stata ceduta ad Autostrade ed è stato dato il via libera per la sua messa in esercizio
GENOVA - Gli ultimi atti formali, gli ultimi controlli per verificare se tutto è a posto, gli ultimi adempimenti burocratici e, infine, il via libera. Il Ponte San Giorgio a Genova, il viadotto tutto d'acciaio, è finalmente aperto alle auto, ai grandi tir che vanno verso il porto, aperto all'Italia e all'Europa del Nord Ovest.
Dopo la cerimonia d'inaugurazione di ieri, alla quale - vuoi per la pioggia, vuoi per pudore nei confronti dei familiari delle vittime - è mancata la caratteristica della festa, oggi l'ufficio del Commissario straordinario per la ricostruzione del viadotto sul Polcevera ha pronunciato la sua ultima parola di questa storia infinita, cedendo ad Autostrade per l'Italia l'esercizio della viabilità sul nuovo viadotto. Un passo necessario, dopo il certificato di agibilità di Anas, per far riprendere la circolazione dei mezzi su quel nastro lungo 1'067 metri e fatto di acciaio e bitume che tanto vogliono dire per il traffico cittadino e interregionale, per l'economia di una regione e per il saper fare dell'Italia.
Dopo la cessione dell'esercizio, Aspi ha compiuto i suoi primi passi - passi veri prima e passi burocratici poi - sul quel ponte che una volta sgombrato da gonfaloni e bandiere sembra sempre di più il ponte di una nave. Il direttore di tronco Mirko Nanni, assieme ad alcuni tecnici e ingegneri specializzati, ha effettuato un sopralluogo per vedere se il tratto di autostrada dove ieri è stata allestita la zona per la cerimonia fosse tornato alla normalità, se i guardrail che erano stati rimossi fossero stati rimessi a posto, se il fondo stradale non avesse subìto i danni.
Al termine della verifica, steso e firmato un verbale di sopralluogo secondo le procedure previste, è stato dato il via libera. Ma non si può parlare di ponte senza parlare di loro, delle 43 vittime e dei loro familiari. Non tutti hanno “digerito” le parole spese ieri e quella che alcuni definiscono la «retorica dell'arcobaleno».
«Altro che festeggiamenti, altro che orgoglio nazionale. Il nuovo ponte di Genova non è una rinascita, ma il simbolo del fallimento e di 43 vite ingoiate da un ponte fatiscente che qualcuno ha permesso crollasse in qualche modo», hanno detto Franco e Daniela Fanfani, genitori di Alberto Fanfani, il medico morto a 32 anni nel crollo del Morandi con la fidanzata Marta Danisi (29 anni).
Una «celebrazione insopportabile» l'ha definita Fanfani che «serve solo ad aumentare il dolore che mia moglie e io portiamo dietro, come tutte le altre famiglie coinvolte». Tra dieci giorni, sotto il ponte San Giorgio, i familiari delle vittime si ritroveranno per ricordare i 43 morti del Morandi, per perpetuare un ricordo terribile sotto un cielo diverso.
Intanto vanno avanti le indagini nate dal crollo del viadotto. La procura di Genova ha acquisito le due lettere di contestazione che l'ispettore Placido Migliorino ha inviato ad Aspi nelle quali si parla di un «grave inadempimento» per i cantieri sulla rete genovese e «i termini di attuazione del cronoprogramma dei lavori e delle ispezioni delle gallerie liguri». Le missive erano state inviate ai pubblici ministeri dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.