«Gli sforzi delle autorità francesi di farle rientrare nel contesto della libertà di espressione sono inaccettabili».
ANKARA - Si riaccende lo scontro intorno a Charlie Hebdo. Nel giorno in cui a Parigi si è aperto il processo per gli attentati del gennaio 2015, la riproposizione da parte della rivista satirica delle vignette sul profeta Maometto scatena una dura reazione della Turchia.
«Condanniamo con forza la decisione della rivista Charlie Hebdo di ripubblicare le caricature che offendono la nostra religione e il nostro profeta», dichiara in una nota il ministero degli Esteri di Ankara, dopo che già il Pakistan nelle scorse ore aveva denunciato l'iniziativa del giornale, definendola «profondamente offensiva».
Per il governo turco, il settimanale rischia così di «incoraggiare l'odio contro l'islam e gli stranieri» e «fare il gioco dei razzisti». Sul banco degli imputati la Turchia mette esplicitamente il presidente francese Emmanuel Macron, da settimane protagonista di uno scontro proprio con il suo omologo turco Recep Tayyip Erdogan sui roventi dossier della Libia e della sovranità nel Mediterraneo orientale. Secondo Ankara, gli sforzi dell'Eliseo d'inquadrare le vignette «nel contesto della libertà di espressione sono inaccettabili», perché offendono «valori sacri» trasformandosi in una «libertà di blasfemia».
Poche ore prima della condanna turca, davanti alla corte d'assise speciale di Parigi si era aperto il processo ai 14 imputati - tre dei quali in contumacia, dopo la sospetta fuga nelle zone di conflitto in Siria e Iraq - che sono accusati a vario titolo di complicità e sostegno logistico ai tre autori delle stragi, i fratelli Said e Cherif Kouachi e Amédy Coulibaly, rimasti uccisi dalle forze speciali di polizia e gendarmeria dopo aver seminato per tre giorni il terrore nella capitale francese. Il processo, che si svolge fra rigidissime misure di sicurezza, durerà fino al 10 novembre.
In aula erano presenti anche diversi sopravvissuti agli attentati, giornalisti o ex affiliati a Charlie Hebdo. «Non dobbiamo aver paura né del terrorismo, né della libertà. In fondo - ha commentato l'avvocato del giornale, Richard Malka - lo spirito di Charlie è quello di rifiutare la rinuncia alle nostre libertà, la rinuncia a ridere o a essere blasfemi». Una rivendicazione sostenuta anche da Reporters sans Frontières, che ha definito la ripubblicazione delle caricature «una scelta coraggiosa».