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Liberati i pescatori sequestrati in Libia

LIBIA / ITALIALiberati i pescatori sequestrati in Libia

17.12.20 - 14:25
Sono italiani, tunisini, indonesiani e senegalesi. La vicenda, sfociata in caso diplomatico, era finita a Bruxelles.
Keystone
I familiari di uno dei pescatori sequestrati gioiscono alla notizia della loro liberazione davanti a Montecitorio a Roma
I familiari di uno dei pescatori sequestrati gioiscono alla notizia della loro liberazione davanti a Montecitorio a Roma
Liberati i pescatori sequestrati in Libia
Sono italiani, tunisini, indonesiani e senegalesi. La vicenda, sfociata in caso diplomatico, era finita a Bruxelles.

TRIPOLI / BENGASI - Sono stati liberati oggi a Bengasi, in Libia, i componenti degli equipaggi di due pescherecci italiani di Mazara del Vallo (Sicilia) che erano stati sequestrati il 1° settembre scorso. Si tratta di otto cittadini italiani, sei tunisini, due indonesiani e due senegalesi.

«I nostri pescatori sono liberi. Fra poche ore potranno riabbracciare le proprie famiglie e i propri cari», ha scritto su Facebook il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, che si è recato a Bengasi con il primo ministro, Giuseppe Conte. «Grazie all'Aise (la nostra intelligence esterna) e a tutto il corpo diplomatico che hanno lavorato per riportarli a casa. Un abbraccio a tutta la comunità di Mazara del Vallo. Il Governo continua a sostenere con fermezza il processo di stabilizzazione della Libia. È ciò che io e il presidente Giuseppe Conte abbiamo ribadito oggi stesso ad Haftar, durante il nostro colloquio a Bengasi», ha aggiunto. Da parte sua, il presidente del Consiglio ha pubblicato su Twitter una foto dei pescatori liberati in Libia e ha scritto: «Buon rientro a casa».

La vicenda dei 18 pescatori era cominciata il 1° settembre. Si trovavano a bordo di due pescherecci - "Antartide" e "Medinea" - che furono sequestrati dalle motovedette dell'Est libico facenti capo all'uomo forte di Bengasi, il generale Khalifa el-Haftar. A lanciare l'allarme furono altri pescherecci che erano nei paraggi e che erano riusciti a mettersi in fuga. I 18 furono imprigionati in una caserma di Bengasi.

L'accusa mossa era di avere violato le acque territoriali per aver pescato all'interno di quella che ritengono essere un'area di loro esclusiva pertinenza in base a una convenzione che prevede l'estensione della Zee (zona economica esclusiva) da 12 a 74 miglia. A questa accusa si era aggiunta anche quella delle milizie di Haftar, che contestavano anche il traffico di droga, senza nessuna prova.

La vicenda dei pescatori, presto sfociata in caso diplomatico, era finita anche a Bruxelles. L'Unione europea aveva lanciato pochi giorni fa un appello nelle conclusioni adottate dal Consiglio europeo affinché le autorità libiche rilasciassero «immediatamente i pescatori italiani trattenuti da settembre senza che sia stata avviata alcuna procedura legale» nei loro confronti. Più volte i familiari dei pescatori avevano fatto appelli nella speranza di poter riabbracciare i propri cari a Natale.

Nel corso delle trattative sarebbe stata avanzata da parte di Bengasi la richiesta di uno «scambio di prigionieri», con l'estradizione di quattro libici condannati in Italia a cinque anni come scafisti di una traversata avvenuta nel 2015 in cui morirono 49 migranti. Bengasi ne ha sempre proclamato l'innocenza sostenendo si trattasse di semplici «calciatori». Oggi l'epilogo con la missione di Conte e Di Maio a Bengasi e la liberazione dei pescatori.
 
 

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