Germania "privilegiata" per numero di dosi? Nel Vax Day tra i paesi Ue non mancano critiche e invidie
BRUXELLES - Dopo una gestione della pandemia non sempre all'insegna dell'unità, l'Ue può festeggiare - almeno come momento simbolico - un avvio della campagna di vaccinazione contro il Covid-19 scattato all'unisono in tutti i suoi Paesi membri. O quasi, visto che alcuni - Germania, Slovacchia e Ungheria - hanno bruciato gli altri sul tempo somministrando le prime dosi già sabato.
Un traguardo, quello del Vax Day, voluto e vissuto in ogni caso come un successo a Bruxelles. Anche se a incrinare l'enfasi per quella che alcuni in termini militareschi hanno descritto come «l'inizio della vittoria» contro il virus, sono state - perlomeno in Italia - le polemiche scoppiate sui numeri delle dosi ricevute inizialmente dai Paesi.
In particolare, la Germania - dove ha sede a Magonza la Biontech, ma dove comunque il farmaco è arrivato dallo stabilimento Pfizer belga di Puurs - ha ottenuto 151.125 flaconcini: 9.750 per ciascuno dei suoi 16 Stati regionali, eccetto il più piccolo - Brema - che ne ha avuto la metà. Lo stesso numero, 9.750 - e su questo ha trovato terreno fertile la polemica - è quello delle dosi consegnate a molti Stati europei, Italia compresa: è la quota avuta ad esempio da Spagna, Bulgaria, Croazia, Ungheria, Slovenia. Esattamente il doppio, invece, sono quelle arrivate in Francia: 19.500.
«L'Italia si organizzi bene e non arrivi ultima. In Germania ci sono centinaia di migliaia di dosi, in Italia alcune migliaia simboliche. Spero che Arcuri, che ha fallito sulle mascherine, sulla scuola, su Ilva, non fallisca su una battaglia così importante», ha incalzato il leader della Lega Matteo Salvini. Ma dall'ufficio del commissario italiano per l'emergenza Domenico Arcuri hanno negato che esista «alcuna discriminazione» nei confronti dell'Italia. Per il Vax Day, sostengono, la Germania avrebbe avuto «11 mila dosi» e «le 150 mila che le sono state consegnate fanno parte delle forniture successive» che nel in Italia arriveranno a partire da domani con un piano di distribuzione che prevede di avere 470 mila dosi alla settimana.
«I contratti con le aziende produttrici dei vaccini sono stipulati direttamente dalla Commissione Europea per conto di tutti i Paesi membri e ogni Paese riceve la quota percentuale di dosi in proporzione alla popolazione», ha precisato in serata anche il ministero della Salute. All'Italia è destinato il 13,46% di ogni fornitura e questo equivale a 26,92 milioni di dosi dal contratto con Pfizer-Biontech, di cui 8,749 milioni nel primo trimestre.
Altre dosi, oltre a quelle già ricevute, arriveranno comunque prestissimo anche in Germania, dove pure si è registrato qualche problema nella catena del freddo per la conservazione del farmaco: secondo quanto riferisce l'agenzia di stampa Dpa, i tedeschi dovrebbero ricevere entro metà della prossima settimana 1,3 milioni di flaconi, per superare a fine marzo i dieci milioni. Ad ogni modo anche il Ceo di Biontech Ugur Sahin ha assicurato che le 12,5 milioni di dosi che arriveranno entro la fine del 2020 saranno distribuiti tra i Paesi dell'Ue «in proporzione rispetto alla popolazione».
Intanto ciascun Paese ha fissato le proprie priorità nei piani di vaccinazione: i primi a poter ricevere il farmaco sono generalmente operatori sanitari e altri gruppi vulnerabili, come gli anziani o le persone malate. Diversi comunque anche i leader che, nello sforzo di convincere il maggior numero di persone a vaccinarsi, in questa prima giornata si sono arrotolati la manica della camicia davanti a fotografi e telecamere: dal premier ceco Andrej Babis a quello greco Kyriakos Mitsotakis.
In Europa non c'è alcun obbligo di sottoporsi al vaccino, come ha ribadito ancora una volta per la Francia il presidente Emmanuel Macron, ed è questa la linea seguita nei principali Paesi del Vecchio Continente. Compresa la Russia, dove peraltro anche il presidente Vladimir Putin ha annunciato l'intenzione di farsi inoculare il farmaco Sputnik V.
Dopo l'approvazione a tempi record del primo vaccino - seppure condizionata dall'agenzia europea del farmaco alla raccolta di altri dati su sicurezza ed efficacia - la riuscita della campagna dovrà dunque fare i conti con lo scetticismo di numerosi cittadini europei. E se secondo un sondaggio YouGov commissionato dalla Dpa, il 65% dei tedeschi vuole essere vaccinato, ancora una volta la Francia si conferma una delle nazioni più refrattarie: oltre un francese su due, il 56%, non intende farsi iniettare il farmaco, secondo un sondaggio Bva pubblicato da Le Journal du Dimanche. Solo il 44% dei francesi prevede di ricevere il vaccino e appena il 13% si dichiara «certo» di farlo.