Il dato è in diminuzione rispetto alla prima ondata: a fine marzo 2020 si era al 60%
BRISTOL - Dall'inizio della pandemia la mortalità dei pazienti con Covid-19 ricoverati in terapia intensiva è andata sempre diminuendo rispetto alla prima fase, ma ora sembra aver raggiunto un plateau intorno al 30-40%.
Lo afferma uno studio, condotto in diverse parti del mondo, coordinato da Tim Cook dell'università di Bristol e pubblicato su Anesthesia.
I ricercatori hanno analizzato 52 studi osservazionali su oltre 43'000 pazienti, più altre ricerche già pubblicate sul tema, da diversi paesi del mondo.
In generale la mortalità nelle rianimazioni è passata dal 60% di fine marzo 2020 al 42% di fine maggio, per poi scendere intorno al 36% in ottobre. Dopo questo mese la percentuale continua a scendere, ma molto più lentamente.
Il dato è valido in diverse regioni, spiegano gli autori, con l'eccezione dell'Australia, dove è molto più basso, e del medio oriente, dove invece è molto più alto.
«Negli ultimi mesi - scrivono - diversi studi hanno spiegato quali trattamenti danno benefici nelle terapie intensive e quali no. Gli steroidi migliorano la sopravvivenza nei pazienti ossigeno-dipendenti, mentre altri farmaci come idrossiclorochina, azitromicina, lipinavir/ritonavir e remdesivir non mostrano benefici evidenti».