La decisione presa in extremis scontenta gli operatori del settore e c'è chi ha aperto ugualmente
ROMA - La decisione di sospendere l'imminente riapertura degli impianti di risalita in Italia sta facendo infuriare gli operatori del settore. Specialmente quelli che si sono visti fermare a una manciata di ore dal momento tanto atteso, come in Piemonte e Lombardia, che avrebbero dovuto riapire questa mattina.
Lo stop, caldeggiando dai consulenti del ministero della Salute e dal Comitato tecnico scientifico italiano alla luce della situazione pandemica e della sempre maggiore diffusione delle varianti del virus, è arrivata intorno alle 19 di domenica. I gestori degli impianti hanno vissuto la decisione di fermare tutto fino al 5 marzo come una beffa.
Modalità «vergognose e irrispettose» - «Questa volta la misura è colma. Ritengo assolutamente vergognose e irrispettose la modalità con cui il ministro Speranza ha operato». È l'opinione di Filippo Gérard, presidente dell'Associazione degli albergatori valdostani. «Ora più che mai - ha aggiunto - chiediamo al governo italiano che l'istituzione ed erogazione di adeguati ristori alla montagna diventi una priorità assoluta, in quanto, nostro malgrado, questa rimane l'unica strada per la sopravvivenza del comparto turistico e del suo indotto. Contestualmente invitiamo l'amministrazione regionale valdostana a mettere in campo nuove misure anticrisi pesanti, con iniziative di sostegno agli investimenti, di ulteriore proroga della sospensione dei mutui, d'incentivazione delle assunzioni e di sostegno al comparto agroalimentare regionale».
Furia Confcommercio - «Dopo la zona rossa decretata per sbaglio in Lombardia adesso subiamo il caos generato dagli annunci sulla stagione sciistica, prima aperta e poi chiusa. Questo significa altri pesantissimi danni per le imprese. Una situazione inaccettabile» afferma il presidente di Confcommercio Italia, Carlo Sangalli. «Speriamo davvero, con il governo Draghi, in un cambio di marcia soprattutto per quanto riguarda chiarezza e capacità».
Il presidente di Confcommercio ricorda che «le imprese più colpite dalla crisi sono quelle del terziario, in particolare la filiera del turismo e della ristorazione» e aggiunge: «Bene aver individuato, come da noi richiesto, il Ministero italiano del Turismo ma adesso va messa in cantiere un'azione più veloce ed efficace per garantire la sopravvivenza di migliaia di imprese penalizzate dai vari lockdown».
I sindacati spingono per i ristori - «Siamo estremamente preoccupati per la condizione degli addetti degli impianti a fune», affermano unitariamente le organizzazioni sindacali italiane Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Savt. Quella di domenica «è l'ennesima proroga che colpisce il settore e i lavoratori».
«Da inizio stagione i lavoratori fissi - riferiscono le organizzazioni sindacali - sono in cassa integrazione mentre gli stagionali che erano stati richiamati in vista dell'avvio di oggi e che rappresentano un terzo del totale, risentono maggiormente della crisi, senza certezze dal punto di vista degli ammortizzatori sociali». Secondo Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Savt «servono urgentemente ristori, a livello nazionale sia per le aziende che per i lavoratori, anche stagionali. Si deve compatibilmente con l'emergenza sanitaria recuperare quel poco che rimane della stagione invernale e programmare in sicurezza e con certezze quella estiva».
Chi ha deciso di aprire - C'è poi chi ha deciso di aprire, nonostante tutto. Avviene a pochi chilometri dal confine svizzero con le Centovalli: alla Piana di Vigezzo, 1720 metri di quota nel comune di Craveggia. «Ancora venerdì la Regione ci aveva assicurato l'apertura e noi abbiamo predisposto tutto, in sicurezza, per riaprire. E così lo abbiamo fatto», dice Luca Mantovani, uno dei titolari della società che gestisce gli impianti nella valle piemontese a ridosso del Canton Ticino.