Vaccinazioni a rilento: l'Oms critica sulla situazione in Europa
BRUXELLES - Le vaccinazioni anti-Covid in Europa avanzano troppo a rilento, mentre si registra un'impennata di casi che da diversi mesi è «la più preoccupante» nel mondo: suona come una frustata alla politica del Vecchio Continente quella arrivata dall'Organizzazione mondiale della Sanità.
E obiettare alle critiche dell'Oms su come finora l'Europa ha gestito le vaccinazioni appare difficile, visto che i risultati ottenuti non raggiungono neppure i traguardi stabiliti dalla stessa Commissione Ue. L'Oms parla di una «lentezza inaccettabile».
A parlare, alla fine del primo trimestre, sono i numeri: una comunicazione del 19 gennaio dell'esecutivo comunitario fissava la soglia da raggiungere in almeno l'80% degli operatori sanitari e altrettanti ultra-ottantenni vaccinati entro marzo. Mentre per l'estate gli Stati membri dovrebbero aver immunizzato almeno il 70 % degli adulti. Se il secondo obiettivo può ancora in teoria essere raggiunto - e a Bruxelles scommettono che ci si riuscirà - il primo per il momento è sfumato: secondo il tracciamento quotidiano del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, finora il 61,1% degli operatori sanitari ha ricevuto almeno la prima dose e solo il 47% la seconda, dati che per gli over-80 scendono rispettivamente al 56,7% che ha ricevuto almeno una dose e al 27,4% che ha concluso la vaccinazione.
Nuove stime circolate in una riunione degli ambasciatori di stanza nell'Ue e calcolate sulla base degli ordini di vaccini sembrerebbero ora far sperare in un possibile cambio di passo. Secondo il documento, in Italia sarà vaccinato ad esempio entro giugno il 57,14% della popolazione, in Francia il 58,16%, in Germania il 61,04%. Dati incoraggianti - se saranno confermati dalla realtà - in vista dell'obiettivo estivo. Anche gli Stati più indietro dovrebbero raggiungere comunque una quota soddisfacente per giugno. Ad aiutare i cinque Paesi più colpiti dalla penuria di vaccini - Bulgaria, Estonia, Croazia, Lettonia e Slovacchia - potrebbe arrivare una quota dei 10 milioni di dosi Pfizer anticipate al secondo trimestre da un lotto successivo: nonostante Austria, Slovenia e Repubblica Ceca non hanno dato il loro assenso, gli altri 24 Stati membri intendono proseguire da soli con l'azione di solidarietà.
Intanto a Bruxelles puntano anche su un'accelerazione del passaporto sanitario, che dovrebbe secondo gli auspici aiutare la ripresa del turismo. Dopo avere presentato la propria proposta, la presidente della Commissione Ursula Von der Leyen, ha invitato il Parlamento europeo e gli Stati ad adottarla in fretta.
Ma perché finora l'Europa è andata così lenta coi vaccini? Alcune risposte le ha date la stessa von der Leyen quando ha ammesso a febbraio i fallimenti nella gestione Ue, emersi in maniera plateale soprattutto nel confronto con altri Paesi che hanno messo il turbo come Israele o il Regno Unito: «Siamo arrivati in ritardo nelle autorizzazioni. Eravamo troppo ottimisti sulla produzione di massa e forse troppo fiduciosi che ciò che avevamo ordinato sarebbe stato effettivamente consegnato in tempo».
L'elenco delle cose che sono andate storte è lungo, come ha dimostrato da ultimo tutta la vicenda AstraZeneca. Altre ragioni dei ritardi sono elencate in un rapporto tecnico sull'avanzamento delle vaccinazioni pubblicato dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. La maggior parte dei Paesi - tra cui l'Italia - ha segnalato problemi legati alle forniture limitate e a frequenti cambiamenti nei tempi di consegna. Molti Paesi hanno avuto problemi di logistica, in particolare per la conservazione, il trasporto e la somministrazione delle dosi, ad esempio su come limitare lo spreco delle fiale aperte. Per diversi la sfida è stata la carenza di personale, altri hanno segnalato le attrezzature insufficienti, in particolare siringhe e aghi. Infine c'è pure chi ha dato la colpa a una disinformazione che avrebbe dissuaso molti dal vaccinarsi.