La mutazione riscontrata in alcuni casi a Tokyo è comune a quella presente nelle varianti sudafricana e brasiliana.
L'infettivologo Christian Garzoni: «Questa mutazione (E484K) si può presentare in tante varianti. Non ha senso lanciare inutili allarmismi».
TOKYO - La variante cosiddetta "giapponese" del coronavirus, di cui si sta facendo un gran parlare nelle ultime ore, non è di fatto una variante. A innescare gli allarmismi è stata la notizia - data dai media nipponici e riportata quindi da Reuters - secondo cui i medici del Tokyo Medical and Dental University Hospital hanno registrato in 10 pazienti su un totale di 14 ricoverati perché positivi al nuovo coronavirus nel mese di marzo la mutazione E484K del virus.
Una mutazione già conosciuta
Ma mettiamo un po' di ordine. In primis, la presenza di una singola mutazione non determina da sola una variante. Inoltre, la mutazione E484K non si presenta a noi per la prima volta ora, ma è stata rilevata anche in due delle varianti più note del coronavirus, ovvero quella "sudafricana" e quella cosiddetta "brasiliana", identificata per la prima volta proprio in Giappone all'inizio dell'anno. E da ultimo, ma non per importanza, le autorità giapponesi non hanno accertato alcun nesso tra l'aumento dei casi di queste ultime settimane e l'eventuale presenza di una nuova variante. Al contrario, la responsabilità della ripresa della curva sarebbe legata alla circolazione delle varianti più note, come sta accadendo anche in altre parti del mondo.
Perché la E484K preoccupa?
La E484K è di fatto una «micro-mutazione del virus, ovvero è cambiato un unico amminoacido. Questa mutazione però può avere un ruolo biologico importante» ci spiega Christian Garzoni, infettivologo e Direttore sanitario della Clinica Moncucco. La E484K risulta «problematica» in quanto «per neutralizzare il virus occorrono livelli più elevati di anticorpi e il sistema immunitario può risultare quindi meno efficace. E così, chi ha già avuto il Covid potrebbe essere contagiato di nuovo perché i suoi anticorpi potrebbero essere insufficienti».
«Nessun allarmismo»
Queste sue caratteristiche la rendono sicuramente meritevole di attenzioni e di essere monitorata, ma la sola presenza della E484K non è sinonimo di una nuova variante. Anzi, «questa mutazione si può presentare in tante varianti. Non ha senso lanciare inutili allarmismi», prosegue Garzoni.
Anche in Svizzera, oltre ai pochi casi già identificati di varianti "esotiche", sono segnalate altre 165 infezioni in cui è stata riscontrata la presenza di questa mutazione (associata alla S:N501Y) e che sono in attesa di ulteriori accertamenti per essere classificate dall'Ufficio federale della sanità pubblica. Allo stato attuale sembra quindi prematuro parlare di una nuova variante e lanciare allarmi. Cosa che infatti, in Giappone, nessuno si è ancora premurato a fare.