Il fenomeno delle "corse all'oro" illegali ha di nuovo preso piede in Brasile, a scapito delle popolazioni locali
MANAUS - Alcuni minatori d'oro impiegati illegalmente nel territorio indigeno (e quindi protetto) dell'Amazzonia hanno attaccato ieri un villaggio Munduruku, bruciando la casa di uno dei leader.
Lo ha denunciato la principale organizzazione indigena del Brasile APIB, ripresa dall'agenzia stampa Reuters.
«Ancora una volta, le vite degli indigeni sono minacciate dai minatori illegali in Amazzonia», ha scritto l'APIB in un comunicato, denunciando «una routine di terrore» che sta avvenendo anche in altre località, come ad esempio la riserva Yanomami, colpita da un altro attacco a inizio mese.
La riserva Yanomami al confine con il Venezuela, lo ricordiamo, è stata invasa da più di 20'000 minatori dal 2019 ad oggi. La polizia federale sta impiegando centinaia di uomini, ispettori ambientali ed esperti di affari indigeni per proteggere le comunità e fermare l'estrazione mineraria illegale, ma l'attività non sembra frenare.
Le autorità locali hanno aggiunto che nell'ultimo attacco, dopo aver scatenato il caos nel villaggio, i minatori hanno invaso anche il commissariato di polizia locale, tentando di distruggere veicoli ed elicotteri usati nelle operazioni di controllo delle attività d'estrazione mineraria. Fortunatamente, non ci sono state segnalazioni di feriti o vittime.
In una recente intervista rilasciata al Guardian, l'antropologa Ana Maria Machado, che lavora con gli Yanomami, ha definito la regione «una pentola a pressione che sta per esplodere» e ha affermato che il Presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha parte della colpa, perché ha incoraggiato i minatori: «Bolsonaro dà luce verde a tutti i tipi di illegalità nelle riserve».
Intanto, lo scontro aperto tra polizia, minatori e indigeni sta entrando in una spirale fuori controllo, e a rimetterci maggiormente sono proprio le popolazioni locali e le loro terre.