Le testimonianze dei dipendenti della Funivia del Mottarone, che sono stati ascoltati dagli inquirenti
Tra perplessità e paure, lo scenario è tutt'altro che gratificante
VERBANIA - «Lo sapevamo tutti che non era normale viaggiare con i forchettoni montati... ma io temevo di perdere il lavoro se avessi detto no».
È quanto ha dichiarato agli investigatori uno dei dipendenti della funivia del Mottarone. Gli interrogatori agli addetti della funivia (macchinisti, bigliettai e vetturini, ...) resi pubblici dal Corriere della Sera, hanno mostrato un quadro surreale di ciò che avveniva, tra dubbi e insicurezze, nella vita di tutti i giorni a Stresa. Ciò che ha poi portato all'evento più tragico, ancora impresso nella mente di tutti.
Il giro di prova... con le persone
Sebbene Gabriele Tadini - il capo servizio ora ai domiciliari - sia al centro della maggior parte delle accuse, qualche critica viene mossa anche al titolare, Luigi Nerini. Una delle situazioni più controverse riguarda il giro di prova mattutino, che andrebbe fatto per testare l'impianto prima che la gente ci salga.
Tuttavia, l'operatore Pietro Tarizzo ha raccontato che - sebbene non sia la normalità - capita che venga deciso di far salire i turisti sulla funivia già durante il giro di prova. Un'eventualità che ha avuto luogo anche il giorno della tragedia, «sono salito con 12 persone per la corsa di prova», ammette, «Perché Nerini ci ha detto “il gruppo sale con voi”». Un ordine diretto da un superiore a cui Tarizzo non se l'è mai sentita di ribattere.
Quel giorno, quindi, lo stesso dipendente e altre persone a bordo hanno rischiato la vita in un giro di prova.
«Prima che si rompa una fune ce ne vuole»
Si è invece già a lungo discusso dei forchettoni, ma i dipendenti ne erano a conoscenza? Secondo gli interrogatori, qualcuno sì, qualcuno no. Alcuni erano poi coscienti dei rischi, altri meno. La macchinista Stefania Bazzaro, ad esempio, ha detto che li ha tolti diverse volte (conoscendo il pericolo) e ha ribadito che era Tadini a ordinarne l'applicazione anche quando a bordo c'erano i passeggeri.
La testimonianza più forte arriva dall'agente di stazione Fabrizio Coppi, che ha risposto ad un timido «credo di no» alla domanda se la cabina potesse percorrere i suoi viaggi anche con i forchettoni, o ceppi, inseriti. «Ricordo di aver chiesto chiarimenti a Tadini, e mi disse "prima che si rompa una traente ce ne vuole"», e «"stai tranquillo, non succede niente"». Però, qualche problema è poi emerso, e gli è già successo di dover calare delle persone da una cabina bloccata.
I timori di perdere il lavoro
Insomma, nonostante dubbi e insicurezze legate a diverse attività, i dipendenti non sono mai andati contro a Tadini o Nerini. La motivazione principale, come ha riassunto Pietro Tarizzo, è stata quella di perdere il lavoro: «Io sono stagionale e temevo di perdere il posto».
Timori che però, non facendo emergere determinati problemi, hanno protratto nel tempo una situazione di rischio, che è infine costata la vita a 14 persone.