Lo ha stabilito la Corte Suprema, ma gli attivisti impegnati nel caso non hanno nascosto il loro disappunto
WASHINGTON - I giganti del settore alimentare Nestlé (in particolare la sua filiale americana) e Cargill non possono essere citati in giudizio per l'accusa di schiavitù infantile nelle fattorie da cui acquistano il cacao, in Africa.
La sentenza - Lo ha stabilito la Corte Suprema degli Stati Uniti, che ha stabilito (con otto voti favorevoli e un contrario) di non avere alcuna giurisdizione sul caso, essendo avvenuto all'estero. Nella sentenza, scritta dal giudice Clarence Thomas, si legge che non ci sono prove che Nestlé Usa e Cargill abbiano preso decisioni che abbiamo consapevolmente portato a condizioni di lavoro forzato, pur avendo fornito risorse tecniche e finanziarie alle fattorie in questione.
La denuncia - La causa era stata presentata da sei uomini, che denunciavano di essere stati ridotti in schiavitù e di essere stati trasferiti dal Mali alla Costa d'Avorio, per lavorare nelle fattorie dove è coltivato il cacao. I sei accusavano Nestlé Usa e Cargill di aver perpetrato una moderna forma di commercio degli schiavi, finalizzata a tenere basso il prezzo della materia prima: turni di lavoro di 12-14 ore al giorno, sorveglianza armata anche quando dormivano e paghe più che irrisorie.
Il cacao africano - I gruppi alimentari hanno denunciato la pratica della schiavitù infantile, ma precisando che a essere perseguiti non dovrebbero essere loro ma i trafficanti di uomini e i responsabili delle fattorie. Nestlé USA ha negato il suo coinvolgimento diretto e ribadisce di essere «incrollabile nella dedizione alla lotta al lavoro minorile nell'industria del cacao». Si calcola che sia 1,56 milioni di bambini che lavorano nella raccolta del cacao in Ghana e Costa d'Avorio, secondo un rapporto pubblicato nel 2020 dal Dipartimento del Lavoro Usa. Dall'Africa occidentale arriva circa il 70% del cacao mondiale.
Il disappunto degli attivisti - Il pronunciamento della Corte suprema è un duro colpo per gli attivisti che combattono da anni contro le aziende del cioccolato. Terry Collingsworth, direttore esecutivo di International Rights Advocates, parlando con la rivista Fortune ha contestato l'impianto della sentenza. «Hanno deciso i budget, hanno deciso la pianificazione, gli aspetti commerciali - tutte queste cose sono state fatte dagli Stati Uniti». Il suo team legale presenterà una nuova causa legale, ha annunciato.