Fatto senza precedenti, la Santa Sede ha attivato i proprio canali diplomatici perché il disegno di legge sia modificato
ROMA / CITTÀ DEL VATICANO - Il Vaticano irrompe in maniera inaspettata nel lungo e travagliato dibattito sul progetto di legge italiano contro l'omo-, lesbo-, bi- e transfobia, il Ddl Zan. Fatto del tutto inconsueto, la Santa Sede ha infatti attivato i propri canali diplomatici presso lo Stato italiano perché la norma sia modificata in virtù del Concordato Stato-Chiesa. La nuova legge lederebbe in particolare la «piena libertà» di azione della Chiesa cattolica in Italia.
Come rivela il Corriere della Sera, a muoversi per difendere le prerogative del Vaticano e dei cattolici nella vicina penisola è stato monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati. Il 17 giugno scorso, il "ministro degli Esteri" vaticano ha in particolare consegnato una nota verbale all'Ambasciata italiana presso la Santa Sede in cui si esprimeva preoccupazione per come la norma - che vieta «ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo» che inciti «alla discriminazione o alla violenza» per motivi «fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità» - potesse ridurre «la libertà garantita alla Chiesa Cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato».
Quest'ultimo, firmato nel 1984, rappresenta l'evoluzione dei Patti Lateranensi che regolano i rapporti tra Stato italiano e Santa Sede. Garantisce in particolare alla Chiesa cattolica «la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione» e ai suoi fedeli «e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».
Che la Conferenza episcopale italiana (CEI) e diversi prelati di spicco della vicina penisola fossero contro il Ddl Zan non è una novità. A essere senza precedenti, secondo quanto riferisce il Corriere della Sera, è invece che la Santa Sede attivi i propri canali diplomatici presso lo Stato italiano perché un disegno di legge sia modificato per tutelare le prerogative della Chiesa cattolica sancite dal Concordato.
A infastidire il Vaticano, oltre al timore di vedere limitate la libertà di organizzazione ed espressione, sarebbe, tra gli altri, l'articolo 7 del disegno di legge italiano. Quest'ultimo dispone infatti che il 17 maggio - che diventerebbe ufficialmente anche in Italia Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia - «le scuole», e quindi anche gli istituti privati e cattolici, organizzino «cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa utile» per «promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione» italiana.
Trasmesso al Senato il 5 novembre scorso per la lettura finale, il Ddl Zan prevede - un po' come avvenuto in Svizzera con la norma contro l'omofobia - che il codice penale sia modificato per includere, agli articoli 604-bis e 604-ter sul razzismo, anche il riferimento a ogni discriminazione fondata «sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o
sulla disabilità». La sinistra italiana chiede un'approvazione nelle prossime settimane. Il centrodestra preme invece per un'estesa, ulteriore discussione in Senato, che allungherebbe inevitabilmente i tempi.