La velocista 21enne sospesa dalle Olimpiadi perché positiva al THC ha commosso e riaperto il dibattito sulla cannabis
NEW YORK - Non potrà correre per gli Stati Uniti alle Olimpiadi per le quali si era qualificata, la fortissima velocista Sha'Carri Richardson. Il motivo è un test antidoping ha rivelato tracce di THC.
Richardson, lo ricordiamo, si era qualificata lo scorso 19 giugno ma il positivo dell'esame delle urine ne ha causato la sospensione dall'attività agonistica per un mese. Per lei sarà quindi impossibile partecipare alla gara dei 100 metri a Tokyo, anche se potrà farcela per la staffetta 4 x100.
Al di là della questione sportiva, sulla quale si può solo fare polemica perché questo tipo di regolamenti sono rigidi e indiscutibili, il caso della 21enne ha aperto un grande dibattito negli Stati Uniti per quanto riguarda la cannabis e anche il razzismo (Richardson è afroamericana).
Per spiegare come era avvenuto lo "sgarro", Richardson ha raccontato di aver assunto la sostanza dopo aver scoperto che la sua madre biologica era morta. Questo malgrado la gara incombente: «So che ho sbagliato, so che non avrei dovuto farlo. Ma l'ho fatto lo stesso», ha spiegato sempre venerdì intervistata dal Today Show.
Una risposta, e una presa di responsabilità, che è stata lodata anche da Joe Biden: «Sono fiero di come ha reagito», ha confermato il presidente in un'intervista alla CBS, in cui ha appoggiato la decisione della sospensione aprendo però una parentesi sul fatto che siano o meno giuste: «le regole sono le regole, e tutti le conoscono, se queste debbano rimanere tali questo è tutto un altro discorso».
Più netta è invece la condanna da parte dell'ala più liberal dei democratici, che include la parlamentare Alexandria Ocasio-Cortez, che si è mobilitata sottoponendo una mozione affinché la sospensione venga revocata. Il discorso alla base della petizione parte da uno degli argomenti più controversi del caso ovvero che l'uso di cannabis non porta alcun vantaggio agonistico e quindi non sarebbe da ritenere una sostanza dopante. La cannabis, inoltre, è legale in diversi Stati americani compreso l'Oregon dove l'atleta era stata testata.
Da questo dubbio - condiviso da osservatori, giornalisti, politici e opinionisti bipartisan - la richiesta di Ocasio-Cortez e compagni di schieramento si stacca per aprire una parentesi storica comunque importante riguardante l'eccessiva penalizzazione della cannabis (voluta da una serie di leggi di stampo conservatore) per quanto riguarda gli arresti e la discriminazione razziale. Negli anni, infatti, il possesso e l'uso di marijuana si è tradotto con arresti e incarcerazioni - a volte anche decennali - per centinaia di migliaia di persone di colore.
Se la falange più a sinistra del partito democratico punta alla legalizzazione generale, la posizione dell'Amministrazione Biden - ripresa più volte durante la campagna del 2020 - sarebbe piuttosto per la depenalizzazione. Una cosa su cui è difficile obiettare è che, per quanto l'indipendenza su norme e leggi dei singoli stati sia importante - è che su una questione così delicata vi sia una certa unità d'intenti a livello nazionale.