«Insoddisfacenti» le spiegazioni del primo ministro ungherese, che confida nell'internazionale sovranista.
BRUXELLES - Salvo cambiamenti di rotta da parte di Orbán, l'apertura di una procedura d'infrazione da parte di Bruxelles contro l'Ungheria per la legge anti-Lgbt appare oramai quasi inevitabile. La Commissione europea ha annunciato di essere al lavoro su una lettera di messa in mora dopo avere definito non soddisfacenti le spiegazioni giunte dal governo di Budapest.
Palazzo Berlaymont ha così deciso di aumentare la pressione nei confronti del governo del premier magiaro, che non ha arretrato di un millimetro sulla contestata legislazione anti-gay. Anzi, lo stesso Orbán ha giocato d'anticipo siglando nei giorni scorsi con Lega, Fratelli D'Italia, Le Pen e una decina di altri partiti di estrema destra il cosiddetto manifesto dei sovranisti che rivendica la legittimità di provvedimenti come quello contestato all'Ungheria. Una internazionale sovranista che inquieta le forze progressiste e democratiche del Parlamento europeo, che interpretano l'offensiva populista e nazionalista come una alleanza di «distruzione e non di costruzione», stando al liberale Dacian Cioloș.
In questo clima ad alta tensione l'Eurocamera riunita a Strasburgo si prepara ad accogliere il premier sloveno Janez Janša, che per i prossimi sei mesi guiderà la presidenza di turno dell'Ue. Le politiche dell'uomo forte di Lubiana sono sempre più ispirate a quelle del leader conservatore ungherese Viktor Orbán e destano grande preoccupazione fra le forze Liberali e degli S&D.
Janša sta 'orbanizzando' il suo Paese, ha tuonato Sandro Gozi, «nel silenzio imbarazzato dei suoi alleati del Ppe», mentre il capodelegazione del Pd al Pe, Brando Benifei, ha esortato il premier sloveno a difendere lo stato di diritto. Sabrina Pignedoli, europarlamentare del Movimento 5 Stelle, ha invece posto l'accento sulla nuova procura europea Eppo. «Anziché inseguire la deriva liberticida di Orbán, Janša pensi a riaprire la procedura di selezione dei procuratori europei delegati - ha affermato l'esponente pentastellata -. È nell'interesse primario di tutti gli sloveni che la nuova procura europea entri in funzione a pieno regime e contrasti le frodi nei finanziamenti del Recovery».
Dopo le tensioni tra Commissione Ue e Janša che hanno caratterizzato l'incontro di venerdì scorso a Lubiana, il dibattito in aula domani promette scintille. Anche se il Ppe potrebbe fare quadrato nei confronti di colui che ancora fa parte della famiglia popolare. Al contrario di Orbán che, dopo un lungo purgatorio, ha definitivamente divorziato dai suoi ex alleati. A Lubiana Ursula von der Leyen aveva ricordato a Janša l'importanza del rispetto dello stato di diritto così come di una stampa e di una magistratura indipendenti. E il vicepresidente Timmermans aveva addirittura disertato la foto di gruppo dopo che il leader sloveno aveva fatto proiettare un'immagine nella sala del centro congressi in cui si vedevano due giudici sloveni accanto ad altrettanti eurodeputati socialdemocratici.
Intanto Il primo ministro ungherese è stato il primo leader europeo a finire nella lista dei trentasette 'predatori della libertà di stampa' stilata da Reporters sans frontières (Rsf). «L'autoproclamato paladino della democrazia illiberale ha costantemente ed efficacemente minato il pluralismo e l'indipendenza dei media da quando è tornato al potere nel 2010», ha scritto Rsf, imputando ad Orbán di aver trasformato il servizio pubblico di radiodiffusione «in un organo di propaganda» e di aver ridotto al silenzio «i media privati». Accuse rispedite al mittente: da Rsf solo fake news, ha twittato il portavoce di Orbán su Twitter.