Uno studio mostra le differenze di un'Europa divisa a metà, sulla base dell'impatto del Covid-19
Le differenze geopolitiche e generazionali potrebbero «plasmare» il futuro del Continente
BRUXELLES - Sentire parlare di un avvenimento, è una cosa. Viverlo sulla propria pelle, è un'altra. In questo modo si formano diverse realtà, emerse da percezioni differenti, che possono provocare contrasti e una divisione della società. Ed è proprio ciò che starebbe vivendo il Continente europeo, che si è spaccato in due parti all'arrivo della pandemia.
Almeno, è ciò che è emerso da un sondaggio effettuato in 12 Stati dell'Unione europea dal Consiglio europeo sulle relazioni estere (European Council on Foreign Relations), che parla di «divari geografici, generazionali e sociali tossici» emersi «in tutta Europa», che potrebbero «modellare la politica del Continente per gli anni a venire».
Insomma, visto il tributo diverso su determinate regioni, gruppi e individui, quella europea è diventata una storia di «due pandemie».
Cosa pensano gli europei
Il 54% degli europei, in generale, ha detto di non essere stato «seriamente colpito» dalla pandemia. Una cifra che pare semplice, ma che maschera in realtà grandi differenze. Mentre la maggioranza dei cittadini degli Stati dell'Europa meridionale e orientale riporta «significative sfide personali», nell'Europa settentrionale e occidentale la si è vissuta più «da spettatori».
Infatti, il 72% degli intervistati in Danimarca, il 65% in Germania, il 64% in Francia e il 63% nei Paesi Bassi ha detto che il coronavirus non ha causato a loro, alla loro famiglia o ai loro amici malattie gravi, lutti o difficoltà economiche negli ultimi 18 mesi.
Cifre in netto contrasto con i paesi del Sud e dell'Est Europa, dove le maggioranze in Ungheria (65%), Spagna (64%), Portogallo (61%), Polonia (61%), Bulgaria (59%) e Italia (51%) hanno riportato proprio il contrario.
Impatto diverso, tra generazioni
La ricerca ha anche rivelato un netto divario generazionale: il 64% degli intervistati di età superiore ai 60 anni ha dichiarato di non aver avuto ripercussioni personali, rispetto al 43% degli under 30.
Secondo Ivan Krastev, co-autore dello studio, si tratta di uno «dei divari più drammatici» emersi da questo sondaggio. Secondo Krastev, la giusta azione dei Governi di tutta Europa volta a tutelare e salvare le vite dei più anziani ha avuto un costo sui giovani.
«È ora che i politici si concentrino sui problemi dei giovani», in particolare per quella generazione che «sente che parte della propria vita e del proprio futuro sia stata sacrificata per il bene dei suoi genitori e dei suoi nonni».
«Non mi fido del Governo»
Questo sentimento ha poi contribuito ad un aumento del cinismo tra i giovani nei confronti delle autorità. Il 43% degli under 30 ha dichiarato di essere «scettico» per quel che concerne le motivazioni dei Governi.
Prendendo in considerazione tutti i Paesi e tutte le età, il sondaggio ha rilevato che il 64% degli intervistati è comunque ampiamente «fiducioso» per quanto riguarda le decisioni ufficiali, e che siano guidate dalla sicurezza pubblica. D'altra parte, circa il 19% è «sospettoso» che siano destinate principalmente a coprire l'incompetenza del Governo, e circa il 17% rappresenta gli «accusatori», ovvero coloro che credono che l'obiettivo principale delle restrizioni sia quello di aumentare il controllo dei governi sulla vita delle persone.
A tal riguardo, i dati hanno rivelato un ulteriore divario: quello tra le persone che hanno vissuto la pandemia come una crisi sanitaria, la maggior parte dei quali hanno fiducia nel loro governo, e quelli che l'hanno vissuta più come una crisi economica, in generale meno fiduciosi e più sospettosi.
Libertà, «da ripristinare»
Il sondaggio ha anche rilevato che solo il 22% degli europei ha detto di sentirsi «libero» di condurre la propria vita come meglio crede. La quota di coloro che si sentono «non liberi» è poi stata significativamente più grande tra coloro che hanno subito conseguenze economiche piuttosto che sanitarie.
Secondo gli autori, è importante riflettere sul modo in cui i partiti politici si stanno relazionando alla libertà sulla scia della pandemia, con molti partiti «mainstream» che si schierano a favore del Governo centrale e molti partiti populisti che diventano più libertari.
«Governi, rifletteteci su»
Secondo gli autori - gli esperti di politica estera Ivan Krastev e Mark Leonard - il sondaggio ha rivelato importanti «differenze e tensioni sociali» tra e all'interno degli stati membri dell'Ue che dovrebbero spingere i governi nazionali a pensare «con serietà» al loro processo decisionale riguardante la salute pubblica, le opportunità economiche e l'idea di libertà.
I modi in cui le persone sono state colpite dalla pandemia «hanno creato prospettive diverse all'interno di molti Paesi» hanno infine concluso i due ricercatori, e «queste divisioni potrebbero creare una nuova era politica in Europa», anche poiché «queste nuove divisioni potrebbero avere profonde ripercussioni per alcuni dei più grandi progetti europei, come la libertà di movimento, il futuro del piano di ripresa del blocco paneuropeo e le sue relazioni con il resto del mondo condotte attraverso la diplomazia dei vaccini e gli aiuti all’estero».