Fra teorie e ipotesi su TikTok e Instagram, la storia della 22enne scomparsa ha catalizzato la curiosità di una nazione
NEW YORK - Spesso capita che i casi di cronaca nera finiscano per appassionare il web e i social, tramutandosi in veri e propri fenomeni in cui migliaia di persone si uniscono e - fra elucubrazioni e teorie, anche campate per aria - tentano di risolvere un caso, le cui indagini si trovano in un punto morto. Quello dei “true crime”, come si chiamano in gergo i prodotti culturali che nascono attorno a casi di cronaca vera, è un genere sempreverde e che non smette di affascinare.
I casi da citare sono tantissimi (su uno di questi, quello del losangelino Cecil Hotel, Netflix ci ha recentemente fatto anche una serie), ma pochi hanno interessato i “detective da tastiera“ come il recente omicidio della 22enne americana Gabby Petito, verosimilmente assassinata dal fidanzato 23enne Brian Laundrie nella macchia delle Montagne Rocciose.
Non è un caso che della faccenda di Petito, che in realtà è fra il locale e il nazionale, non se ne sia parlato poi molto qui in Svizzera. Eppure sono tantissimi i contenuti creati dagli investigatori del web Usa che, per esprimere le loro teorie a riguardo, hanno scelto YouTube, Instagram e addirittura TikTok - dove l'hashtag #gabbypetito ha totalizzato quasi 650 milioni di views.
Centinaia e centinaia di video per analizzare immagini, cercare di capire cosa fosse successo, spesso e volentieri anche sbagliando platealmente e arrivando a conclusioni incredibili.
Ma come mai tutto questo interesse? I motivi sono due, da una parte la coppia era molto attiva sui social network e il loro viaggio on the road era una sorta di evento (social) mediatico, comunque seguito da diverse persone. Fra scatti sulle spiagge, escursioni e notti in tenda nel deserto selvaggio. Quindi di materiale per poter indagare, scandagliando i pixel di ogni foto e inquadratura, ce n'era.
Un altro fattore, forse anche il principale, era che - fondamentalmente - erano la coppia perfetta: «Erano giovani, attraenti, non potevano non piacere», ha commentato all'Associated Press Joseph Scott Morgan, professore di criminologia alla Jacksonville State University, «anche il fascino del loro viaggio dall'est all'ovest del Paese sembrava una grandissima avventura».
Uno dei materiali che ha particolarmente attirato l'attenzione del web è il filmato della dashcam della polizia, che aveva fermato i due dopo una rabbiosa lite nello Utah. Questo era stato scomposto in maniera certosina, se non maniacale, dagli aspiranti Sherlock Holmes dei social. E c'è anche chi sostiene di aver avvistato il van bianco dove è poi stato ritrovato il corpo, dando una dritta fondamentale agli inquirenti.
«C'è un motivo se questo caso ha attirato molti, e non penso che sia per forza di cose negativo», commenta sempre alla AP Kelli Bolling esperto di podcast “true crime” dell'Università del Nebraska, «per molti la volontà di aiutare è sincera, vogliono davvero ritrovare quella ragazza. Per alcuni è una forma di compensazione catartica, per risolvere i propri problemi personali».
Malgrado l'ottimismo però, diversi di loro hanno comunque finito per fornire informazioni fallaci se non volutamente false, che gli inquirenti hanno dovuto comunque considerare, con un dispendio di energie non da poco.