Ufficialmente non sono mai stati registrati casi o decessi. Ma per alcune fonti i morti sarebbero almeno 25'000.
Il Turkmenistan è uno dei cinque Paesi che non hanno confermato un singolo caso positivo di Covid-19. La stampa nell'ex repubblica sovietica è controllata dal governo di Ashgabat e la pandemia è incompatibile con la propaganda statale.
ASHGABAT - Si possono contare sulle dita di una sola mano i Paesi che, a diciotto mesi dall'inizio della pandemia, non hanno ancora registrato un singolo caso d'infezione da nuovo, sempre che l'aggettivo non sia nel frattempo caduto in prescrizione, coronavirus. E su una di queste appendici si erge la dittatura totalitaria (mascherata da repubblica presidenziale) del Turkmenistan; un Paese in cui la popolazione sembra ammalarsi e morire comunque a causa di quel Covid-19 che, ufficialmente, non esiste.
Zero casi e, di conseguenza, zero decessi. E quel doppio zero, che appare così tanto improbabile, il governo di Ashgabat pare esserselo praticamente appuntato al petto come una medaglia. In generale, di Covid da quelle parti non si parla. E quando lo si fa i toni adoperati sono quelli che userebbe chi si ritrova a maneggiare un oggetto di origine e fattezze sconosciute.
Il lungo resoconto che uno dei media statali turkmeni - il sito Turkmenistan Golden Age, che fa capo al Neytralny Turkmenistan, a sua volta voce ufficiale del Gabinetto dei ministri del Paese asiatico - fa dell'incontro tra il direttore regionale per l'Europa dell'Oms, Hans Kluge, e il presidente Berdimuhamedov agli inizi di ottobre è particolarmente eloquente in questo senso. La dicitura Covid-19 compare infatti un'unica volta, per sottolineare che l'Oms «ha preso atto positivamente degli importanti sforzi che il Turkmenistan ha fatto per prevenire che il Covid-19 venisse importato nel Paese» e avrebbe «espresso gratitudine per l'approccio proattivo» che il presidente ha messo in campo per «combattere la diffusione di un nuovo tipo di infezione da coronavirus».
Un «buco nero» per l'informazione
Nell'ultimo indice aggiornato di Reporter Without Borders, vale la pena ricordarlo, il Turkmenistan occupa la terzultima posizione della graduatoria. È il 178esimo Paese su 180 elencati. Peggio di così, in quanto a libertà di stampa, fanno solamente la Corea del Nord (uno degli altri paesi ufficialmente "Covid-free") e l'Eritrea. L'ex repubblica socialista sovietica viene descritta come un «buco nero in perenne espansione» per l'informazione, saldamente controllata dai vertici dello Stato. E non sorprende quindi che oltre quell'opaco doppio zero ci siano segnalazioni, resoconti e denunce che raccontano una storia differente. Una storia in cui gli zeri ci sono, ma sono preceduti in sequenza da ben altre cifre.
Solo qualche giorno fa, RadioFreeEurope/RadioLiberty ha reso noto, citando una fonte interna al sistema sanitario turkmeno, che ci sarebbero stati finora almeno 25'000 morti in Turkmenistan legati al Covid-19. Questo bilancio «non viene reso pubblico», ma le province riportano i dati «ogni giorno» al Ministero della Sanità. E non è da escludere che la situazione possa essere anche più grave. La medesima fonte ha infatti riferito all'emittente che «i funzionari regionali temono» il governo centrale e quindi «sottostimano il bilancio dei decessi». Un quadro del genere porta con sé un'inevitabile domanda: perché Ashgabat dovrebbe voler nascondere sotto al tappeto un fatto che coinvolge il mondo intero?
La pandemia che non può esistere durante «l'età dell'oro»
Un'ipotesi plausibile è quella spiegata a Medical News Today dal professor Luca Ancheschi, docente di studi euroasiatici dell'Università di Glasgow ed esperto della situazione centro-asiatica. In Turkmenistan «il governo controlla i media, e inoltre c'è una precisa narrativa che lo stesso sta portando avanti da 15 o 20 anni sul fatto che il Turkmenistan stia vivendo la sua età dell'oro. E quest'età dell'oro c'è perché il governo l'ha portata con sé». L'immagine di un Paese in piena salute è uno dei cardini su cui si fonda la propaganda dello Stato. Questo «rende l'emergere di una pandemia impossibile, perché andrebbe a inficiare questa narrazione». Lo stesso si verificò con l'Aids, che nel Paese non è mai stata pubblicamente riconosciuta. «È una caratteristica di questo regime quella di occultare questo tipo di situazioni».
Già, occultare. Perché, è giusto ribadire la distinzione, nell'ex repubblica sovietica l'esistenza del coronavirus non viene negata. Al contrario, è stato il primo Paese a introdurre l'obbligo vaccinale per tutta la popolazione adulta. Il 72% dei cittadini ha ricevuto almeno una dose di vaccino e il 52% è completamente vaccinato. E anche le quarantene e le misure di protezione non mancano, così come non mancano negli ospedali i casi di polmoniti anomale. La BBC ha raccolto la testimonianza diretta di un uomo che in agosto è stato ricoverato in un ospedale turkmeno con sintomi di una forte polmonite. Mentre si stava recando in ospedale, ha contattato la clinica in cui aveva effettuato un test Covid solo pochi giorni prima. «È positivo» si è sentito sussurrare da una voce dall'altro capo della linea. L'esito del tampone non è però mai stato tradotto su carta. Niente certificato che provasse la malattia. E una volta in ospedale, nessun medico e nessun infermiere ha mai pronunciato la parola Covid. «Quel virus». «Quella malattia». Ma non Covid. Perché, giustamente, il Covid in Turkmenistan non esiste.