La nave Geo Barents di MSF ha prestato soccorso a un'imbarcazione sovraccarica che trasportava quasi 200 persone
TRIPOLI - Senza un nome. Solamente numeri. Numeri che restituiscono la dimensione di una tragedia ma al contempo la rendono più facile da tollerare. Più facile da osservare con distacco, al riparo da eventuali dispiaceri e qualsiasi surrogato senso di colpa. Dietro a queste cifre - un giorno sono 5, l'altro sono 100 - ci sono altrettante storie che, ogni singolo giorno, vengono inghiottite dalle rotte del Mediterraneo. E anche ieri è stato uno di quei giorni.
«In giornate come queste appare quantomai chiaro quanto l'Europa non sia pronta a fornire quella capacità di ricerca e soccorso di cui l'area del Mediterraneo centrale necessita con urgenza». È con queste parole che Caroline Willemen, coordinatrice del progetto di Médecins Sans Frontières (MSF) a bordo della nave Geo Barents, ha tracciato il contorno dell'operazione di salvataggio svolta al largo delle coste della Libia. Il bilancio è di 186 persone tratte in salvo e 10 per le quali non c'è stato nulla da fare.
«Dopo aver messo in sicurezza 99 persone, abbiamo visto che c'erano dieci corpi sul fondo di quella barca», ha raccontato Fulvia Conte, seconda in comando della squadra di salvataggio della Geo Barents. Si trattava di un'imbarcazione in legno sovraccarica, per nulla adeguata al trasporto di un numero così alto di passeggeri. Le foto che MSF ha incluso a complemento del suo resoconto lo mostrano in modo chiaro. «Abbiamo impiegato quasi due ore per recuperarli e portarli a bordo, in modo che potessero ricevere una degna sepoltura una volta tornati a terra».
La loro è stata con ogni probabilità una morte atroce. Stando al racconto di chi era presente sulla barca, hanno trascorso più di tredici ore stipati nel ponte inferiore, dove si percepiva un odore pungente di carburante. E probabilmente sono morti soffocati, mentre tentavano di scappare da un'esistenza tale da non farti temere nemmeno quel viaggio della disperazione che centinaia di barconi percorrono ogni anno, tra le correnti del Mediterraneo, alla volta dell'Europa. «La gente subisce violazioni terribili dei propri diritti umani in Libia e spesso l'unica via si salvezza è la fuga e il pericoloso viaggio nel Mediterraneo centrale», attraverso quella che ormai «è diventata la rotta più letale per i migranti, ed è una vergogna», dice Willemen.
Tra i migranti tratti in salvo dalla Geo Barents c'erano anche parenti e amici di quei dieci che non ce l'hanno fatta. Uno dei più fortunati, dopo aver realizzato cosa era accaduto, ha chiesto di poter vedere i loro corpi. «Sono i miei fratelli, veniamo dallo stesso posto e abbiamo attraversato la Libia insieme. Devo poter informare le loro famiglie che sono morti». Altre dieci persone. Altre dieci storie. Che si sommano alle quasi 23mila cancellate su quella rotta dal 2014 ad oggi. E tutte avevano un nome.