Le discussioni sul nuovo decreto entrano nel vivo: l'Italia prepara la nuova stretta per frenare la quarta ondata
ROMA - «Chissà per quale strana trappola mentale ci ricaschiamo ogni volta». Le parole, polemiche sì ma tutt'altro che a vuoto, sono del Medico cantonale ticinese Giorgio Merlani, che le ha affidate poche ore fa a un tweet. Ed è una ramanzina "social" che non vale solo per la Svizzera ma un po' per tutti i Paesi europei che, chi in modo più ordinato e chi con le idee meno in chiaro, stanno (nuovamente) correndo dietro al coronavirus. Tra questi non manca la vicina Italia, che pare più che mai decisa a fare "all in" sul cosiddetto "Super green pass".
Facciamo una breve premessa: inseguire il coronavirus, la lezione dovrebbe essere ormai acquisita, non si è mai rivelata una buona strategia. La via maestra è quella di tracciarne i movimenti e anticiparlo. Ed è con gli occhi puntati su questa bussola (e sui numeri in aumento delle curve) che le autorità della Penisola stanno cercando di trovare la quadra tra le maglie ed evitare quell'extrema ratio che, dopo lo scorso inverno, nessuno avrebbe più voluto sentire nominare: un nuovo lockdown.
«Sono ore molto delicate, stiamo valutando ulteriori scelte nell’interesse del Paese dentro questa battaglia ancora aperta contro il virus», ha detto il ministro italiano della Salute, Roberto Speranza, poco prima di raggiungere il vertice con le Regioni. Ma in cosa consiste precisamente questo "Super green pass"? I media oltreconfine ne tratteggiano oggi i contorni, descrivendolo come una sorta di freno d'emergenza per livellare il ritmo della quarta ondata, ricalcando alcune delle misure già entrate in vigore tra i confini di altri nostri vicini come Austria e Germania. In breve: senza vaccino non si potrà andare al ristorante, al cinema, né in palestra, allo stadio o sulle piste da sci. Una linea durissima, quella dovrebbe trovare posto nel prossimo decreto del governo Draghi, che andrà a colpire soprattutto la vita di quello zoccolo duro di popolazione che non vuole saperne della vaccinazione anti-Covid. E si parla, scrive il Corriere della Sera, di circa 7 milioni e mezzo di persone.
Capitolo tamponi, la stretta nella stretta
Ci sarebbe poi la stretta nella stretta, ossia quella legata ai tamponi. La via dei test resterebbe infatti percorribile unicamente per ottenere una certificazione per poter andare al lavoro. Sui tavoli di Palazzo Chigi ci sarebbero però anche le ipotesi di abolire i test rapidi in favore dei più attendibili tamponi molecolari - una possibilità caldeggiata anche dal consulente del ministero della Salute Walter Ricciardi che, scrive Open, ha affermato che «con un indice di contagiosità maggiore del 15-20%» da parte della Delta «non possiamo più permetterci il rischio dei falsi negativi dati dai tamponi antigenici» - o di ridurne la validità da 48 a 24 ore. E soluzioni facili non sembrano essercene, considerando i costi, la logistica (in Italia si effettuano tra i 600mila e i 700mila test al giorno) e l'inevitabile dilatazione dei tempi di attesa che i test pcr comportano. E non va dimenticato il fatto che cancellare del tutto l'utilizzo dei test rapidi, per quanto meno efficaci e attendibili, ha il sapore di un autogol nel quadro generale di una strategia di tracciamento.
"Super green pass", dalla zona gialla o per tutti?
La partita si giocherà domani tra cabina di regia e Palazzo Chigi e i nodi da scogliere restano parecchi. Uno su tutti riguarda l'effettiva "giurisdizione" del nuovo pass. Per alcuni governatori l'applicazione dovrebbe entrare in vigore solamente quando una Regione entra in zona gialla o arancione. Altri invece vogliono che il "Super green pass" sia valido da subito e per tutti, anche in zona bianca. Ma tra i denti del pettine ci sarà anche l'obbligo vaccinale - che, scrive il Corriere della Sera, mette d'accordo Confindustria e la Cgil e sarà discusso oggi -; la riduzione della durata del certificato a 9 o 6 mesi e il possibile ritorno delle mascherine all'aperto. Punti che confluiranno nel nuovo decreto che dovrà arrivare in Consiglio dei ministri, per l'approvazione, entro la fine della settimana.