Anche le famiglie delle vittime continuano a ricevere lettere di minacce e di propaganda
«È inaccettabile», ha dichiarato la leader del Comitato di supporto ai sopravvissuti
OSLO - Sono passati dieci anni dai terribili attacchi di Oslo e Utoya, in Norvegia, quando il terrorista ed estremista Anders Behring Breivik uccise 77 persone a sangue freddo. Oggi, dal carcere di massima sicurezza in cui si trova, il pluriomicida continua a perseguitare i sopravvissuti e le famiglie delle vittime.
Come denunciato dalla leader del Comitato di supporto ai sopravvissuti, Lisbeth Royneland, Breivik continua ad inviare loro delle lettere scritte a mano, in cui ribadisce alcuni estratti del manifesto diffuso prima degli attacchi, contro migranti, musulmani e membri del partito Laburista norvegese.
Royneland, che nella strage ha perso sua figlia, ha definito quel che sta accadendo «inaccettabile». All'emittente norvegese NRK, la donna ha dichiarato che non è accettabile che l'assassino possa inviare simili missive in stato di detenzione. «Vuole farci sapere che è lì e continuare a spaventarci. Mi aspetto che le autorità riconsiderino il caso e vedano cosa si può fare per fermarlo».
«È stato come ricevere un pugno nello stomaco», ha invece commentato Torbjorn Vereide, uno dei sopravvissuti alla strage che ha intrapreso una carriera in politica. «Mi sono sentito terribilmente a disagio. C’è qualcosa di assurdo nel ricevere una lettera da qualcuno che ha tentato di ucciderti».
3'000 lettere, dal 2016
Secondo Vidar Stromme, Direttore dell'Istituto norvegese per i diritti umani, «è importante che si possa godere della libertà di espressione anche in carcere. È un principio fondamentale, ma nelle carceri di massima sicurezza credo che ciò debba essere limitato se rappresenta una istigazione alla violenza o un pericolo per la sicurezza o l'incolumità di altri».
Sempre secondo l'emittente NRK, dal 2016, Breivik ha inviato e ricevuto circa 3'000 lettere. Per molti, tra cui Royneland, è quindi necessario un rigido regime di controllo, al fine di impedirgli di stabilire contatti con persone che la pensano allo stesso modo al di fuori del carcere.
Dalla Direzione della prigione hanno però spiegato che per legge è consentito l'invio di lettere dal carcere: «La legge prevede che i detenuti possano scrivere e comunicare con l’esterno, a meno che questo non porti a dei nuovi reati». Il penitenziario ha però promesso che contatterà i destinatari delle missive, per discutere della questione e chiedere loro se non vogliono più riceverle.
L'avvocato difensore di Breivik, Øystein Storrvik, ha invece commentato che il suo cliente è già sottoposto a «condizioni estremamente rigide» quando si tratta di comunicare con il mondo esterno, e che è quindi «difficile immaginare che ci sia una base giuridica per stringere ancora di più le viti nei suoi confronti».
Breivik, lo ricordiamo, è stato condannato a 21 anni di carcere, la pena massima prevista dal codice penale norvegese.