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Stati UnitiIn Texas anche una chiesa sta dalla parte del diritto all'aborto

22.12.21 - 06:00
Una decisione della Corte Suprema minaccia il diritto alla privacy e potrebbe toccare anche i matrimoni multiculturali
Keystone
In Texas anche una chiesa sta dalla parte del diritto all'aborto
Una decisione della Corte Suprema minaccia il diritto alla privacy e potrebbe toccare anche i matrimoni multiculturali

DALLAS - La legge che vieta alle donne di abortire dopo sei settimane in Texas era stata prima messa in pratica e poi congelata. Ora la Corte suprema potrebbe annullare o indebolire il precedente negli Stati Uniti che protegge l'assistenza all'aborto come diritto costituzionale. E mentre giurisdizione e stato dibattono su ciò che è giusto o sbagliato, una congregazione della Chiesa scende in campo dalla parte del pro-choice.

Il primo settembre era entrata in vigore nello stato del Texas una legge ultra-restrittiva sull'aborto. Questa prevede che le donne possano interrompere una gravidanza solo nei primi 42 giorni e in assenza di battito cardiaco del feto. E si applica anche a tutte le donne che hanno subito uno stupro. Poi il sette ottobre la decisione di un giudice federale aveva temporaneamente congelato la legge. Lo stato del Texas aveva da subito fatto sapere che avrebbe fatto ricorso.

Le femministe dello stato non hanno mai smesso di scendere in piazza per far valere i loro diritti. Con loro c'è anche Women's Alliance, una congregazione fondata alla fine dagli anni Sessanta da un buon numero di donne della chiesa unitaria universalista di Dallas, che ha sempre sostenuto il diritto all'aborto. Kathleen Campbell, attuale presidente della Women's Alliance, ha spiegato che uno degli insegnamenti fondamentali della Chiesa è la convinzione che ogni essere umano è degno di amore e dignità e che il diritto di una donna a controllare il proprio corpo e il proprio futuro riproduttivo è un'estensione molto naturale di quel principio».

La stessa congregazione aveva sostenuto legalmente Norma McCorvey, alias Jane Roe, implicata in un caso risalente al 1973. Si tratta di "Roe contro Wade", la cui sentenza rappresenta il principale pilastro su cui si fonda il diritto all'aborto e che permette che venga inserito nella tutela del diritto alla privacy. Il processo partiva dalla richiesta di McCorvey di abortire il suo terzo bambino, che veniva da un matrimonio violento. La Corte Suprema degli Stati Uniti aveva deciso in suo favore e a partire da quel momento il diritto all'aborto è entrato a far parte della Costituzione federale statunitense.

La legge oggi prevede che le donne possano abortire entro un limite di 24 settimane. Ma un processo che sta avendo luogo in Mississippi, dove il termine per interrompere una gravidanza è fissato a 15 settimane, minaccia di far cambiare tutto e non solo. Alcune argomentazioni portate avanti nel caso "Dobbs contro Jackson Women's Health Organization" potrebbero far prendere una decisione alla Corte Suprema che non toccherà solo il Mississippi, ma tutta la popolazione statunitense. Il caso è incentrato su una domanda: «La legge del Mississippi che vieta quasi tutti gli aborti dopo le 15 settimane di gestazione è incostituzionale?».

La sentenza è attesa per il giugno 2022. La maggioranza dei giudici della corte è di tendenza conservatrice e quindi incline a ridurre severamente o ribaltare il caso del 1973.

Melissa Murray, professore di diritto alla facoltà di legge della New York University ed esperta in diritto costituzionale, ha spiegato al Guardian che non solo il diritto all'aborto è in pericolo, ma anche quelli degli omosessuali. Anche la validità del matrimonio multiculturale verrebbe messa in discussione, come alcuni trattamenti per la fertilità e l'uso di contraccettivi. Questo perché «questi diritti trovano tutti radice nel medesimo diritto alla privacy di cui fa parte l'interruzione di gravidanza».

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