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ISRAELEPerché gli ebrei ultra-ortodossi, che sono stati duramente colpiti dal coronavirus, tendono a evitare il vaccino

29.12.21 - 06:30
Le autorità non ci stanno: «Stiamo andando all'offensiva», con risultati per il momento non esaltanti
Archivio Keystone
Le autorità israeliane faticano a far vaccinare ampie fette della comunità ebrea ultra-ortodossa.
Le autorità israeliane faticano a far vaccinare ampie fette della comunità ebrea ultra-ortodossa.
Perché gli ebrei ultra-ortodossi, che sono stati duramente colpiti dal coronavirus, tendono a evitare il vaccino
Le autorità non ci stanno: «Stiamo andando all'offensiva», con risultati per il momento non esaltanti

TEL AVIV - Sono centinaia di migliaia gli ebrei ultra-ortodossi (detti anche haredim) che non si sono ancora vaccinati contro il coronavirus. Questo accade ancora oggi, nonostante la minoranza sia stata colpita duramente (in termini di contagi e vittime) durante le varie ondate della pandemia.

«Non è qualcosa di urgente. Non sono contrario. È solo pigrizia» ha dichiarato a The Times of Israel Yossi Levy, che ha prenotato più volte l'appuntamento, salvo poi cancellarlo. All'inizio del 2021 il 45enne è stato contagiato - così come la moglie e i suoi otto figli. L'aver già affrontato il Covid-19 non l'ha convinto della necessità d'immunizzarsi. E il suo non appare un caso isolato in una comunità che costituisce il 13% dei 9,3 milioni di israeliani.

La strategia pro-vaccino - Le autorità hanno quindi deciso di passare al contrattacco, cercando di aumentare il tasso di vaccinazioni. «Stiamo andando all'offensiva» ha dichiarato Avraham Rubinstein, il sindaco di Bnei Brak. La città, situata a est di Tel Aviv, conta oltre 185mila abitanti e ospita la più grande comunità haredim del paese. Per convincere il maggior numero di persone possibili si è fatto ricorso non solo alle figure istituzionali, ma anche alle personalità con maggior presa tra la popolazione. Ecco come i rabbini di spicco, che generalmente fungono da arbitri e consiglieri in svariate questioni, sono stati chiamati a diventare "sponsor" del vaccino.

Si è poi pensato che è meglio penetrare direttamente nelle roccaforti a basso tasso d'immunizzazione: sono quindi in uso delle cliniche mobili e la nuova campagna prevede il loro invio presso le scuole religiose. È stata poi richiesto l'intervento della "contraerea" mediatica per combattere una campagna di disinformazione che, spiega sempre il quotidiano israeliano, ha travolto alcune parti della comunità.

I motivi degli ultra-ortodossi - In Israele circa il 63% della popolazione generale ha ricevuto le prime due dosi e il 45% anche il booster. Tra gli ebrei ultra-ortodossi, invece, la percentuale va dimezzata. Le ragioni sono molteplici. Metà della comunità ha un'età inferiore a 16 anni e questa fascia d'età ha ricevuto l'autorizzazione a vaccinarsi solo di recente. Inoltre molti pensano di non averne bisogno, essendo già stati infettati (o credendo di esserlo). Il ministero della Salute di Tel Aviv raccomanda ai guariti di ricevere almeno una dose, dopo che sono trascorsi sei medi dall'infezione. Ciò vale anche per i circa 300mila haredim dei quali è certo il contagio e la successiva guarigione.

Le cause del contagio - Come mai la minoranza ultra-ortodossa è stata colpita così duramente? Ci sono ragioni sociali che spiegano il rapido diffondersi del virus: si parte dal fatto che i quartieri dove vivono sono generalmente poveri e molto affollati, con famiglie numerose che sono stipate in piccoli appartamenti. La preghiera comunitaria avviene in altrettanto anguste sinagoghe, dove gli uomini si riuniscono e che tendono a trasformarsi in focolai di contagio.

C'è poi il tradizionale isolamento dal resto della popolazione, anche dal punto di vista culturale. C'è un generale rifiuto della tv laica, di Internet e del sistema d'istruzione canonico. La sospettosità nei confronti dello Stato e di gran parte della modernità sta facendo dilagare, oltre al virus vero e proprio, anche quello della disinformazione e delle fake news. «Per gli haredim c'è una doppia paura: paura dello stato e paura della scienza. Non c'è una fiducia di base in queste entità», spiega Gilad Malach, che dirige il programma ultra-ortodosso presso l'Israel Democracy Institute, un think tank di Gerusalemme. Ecco come, a pesare sulle convinzioni delle comunità, sia molto spesso più il parere di un rabbino locale che quello delle massime autorità sanitarie nazionali.

Un successo non completo - I risultati di questi sforzi? Non del tutto soddisfacenti, ma nemmeno un completo fallimento. La chiave è la vaccinazione tra i più giovani e si spera che le già citate cliniche mobili, nonché la pressione mediatica sui genitori, portino dei risultati concreti.

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