Secondo Joe Biden l'attacco sarebbe imminente: «Avverrà nei prossimi giorni o nelle prossime settimane».
Per il presidente americano la Russia «sta cercando di provocare l'Ucraina» per creasi un «pretesto». Intanto 35mila ucraini hanno già lasciato Lugansk, mentre il leader dei ribelli filorussi di Donetsk chiama la «mobilitazione».
WASHINGTON - Gli Usa hanno ragione di credere che la Russia «intende attaccare» l'Ucraina nei prossimi giorni o nelle prossime settimane: lo ha detto il presidente americano Joe Biden parlando dalla Casa Bianca. «Sono convinto che Vladimir Putin ha preso la decisione d'invadere», ha affermato.
«Provocazioni da Mosca» - Biden gela la platea di giornalisti, e il mondo intero, quando parla dalla Casa Bianca dopo aver discusso per 45 minuti in conferenza telefonica con gli alleati europei. La Russia, spiega con tono drammatico citando l'intelligence Usa, «sta cercando di provocare» l'Ucraina e di creare «false giustificazioni» per una guerra ma in caso d'invasione, assicura, «gli Usa, la Nato e la Ue saranno uniti e risoluti, nonostante i tentativi di Mosca di dividerci», e imporranno «costi massicci».
Diplomazia per evitare la guerra - «La diplomazia resta sempre una possibilità», aggiunge, lasciando aperta la porta del negoziato, ma sconsigliando al presidente ucraino Volodymyr Zelensky di lasciare il paese per andare oggi alla conferenza di Monaco sulla sicurezza. Poche ore prima dirigenti del consiglio nazionale per la sicurezza avevano accusato pubblicamente il governo russo degli ultimi cyber attacchi in Ucraina e avvisato che se Mosca attacca «diventerà un paria per la comunità internazionale, sarà isolata dai mercati finanziari mondiali e privata degli apporti tecnologici più sofisticati». In seguito Biden ha ancora twittato che «Mosca la pagherà cara se attacca l'Ucraina» ma «può ancora scegliere la strada della diplomazia». E proprio parlando di diplomazia, il segretario di Stato Antony Blinken ha accettato l'invito del suo collega russo Serghiei Lavrov d'incontrarsi il 23 febbraio, «a meno che i russi non invadano l'Ucraina».
35'000 in fuga da Lugansk - Circa 25'000 persone hanno già abbandonato la Repubblica popolare di Lugansk da sole, «con le proprie auto», mentre altre 10'000 persone hanno lasciato la regione in convogli organizzati: lo dice, secondo la Tass, il ministro per le situazioni di emergenza della repubblica separatista, Yevgeny Katsavalov.
Mobilitazione generale - Intanto il leader dei ribelli filorussi della repubblica separatista ucraina di Donetsk, nel Donbass, ha chiamato la popolazione alla mobilitazione generale. «Mi rivolgo ai miei concittadini che sono nella riserva perché si presentino ai rispettivi distretti militari. Oggi ho firmato un decreto per la mobilitazione generale», ha dichiarato in un messaggio video, citato dalla Tass, il leader dell'autoproclamata repubblica di Donetsk, Denis Pushilin.
OSCE: «Drammatico aumento delle violazioni al cessate il fuoco» - Osservatori dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa hanno affermato di avere assistito a un aumento significativo del numero di attacchi lungo la linea del fronte nell'Ucraina orientale.
«Negli ultimi giorni, il monitoraggio speciale dell'OSCE in Ucraina (SMM) ha osservato un drammatico aumento dell'attività cinetica lungo la linea di contatto nell'Ucraina orientale», ha affermato l'OSCE in una nota, aggiungendo che il numero di violazioni del cessate il fuoco è stato pari a quello registrato prima di un accordo del luglio 2020 per rafforzare il cessate il fuoco.
Botta e risposta - I militari governativi ucraini e i ribelli separatisti filorussi del Donbass si sono nuovamente accusati vicendevolmente di attacchi e di violazioni del cessate-il-fuoco. I primi hanno denunciato alle 07.00 (le 05.00 svizzere) 66 scambi di fuoco notturni. I filorussi hanno definito la situazione come «critica». Secondo il Tass «le forze armate ucraine hanno violato il regime di cessate il fuoco all'interno dell'area di responsabilità della Repubblica popolare di Lugansk per 31 volte nelle ultime 24 ore».