Si tratta del più grande progetto idroelettrico dell'Africa, da anni al centro di discussioni e controversie
Secondo il premier etiope Abiy Ahmed, la diga stravolgerà completamente l'economia del Paese
ADDIS ABEBA - «È la nascita di una nuova era, una buona notizia per tutto il continente africano».
È quanto ha dichiarato il Primo ministro dell'Etiopia Abiy Ahmed alla presentazione dell'enorme nuova diga etiope sul Nilo, un progetto controverso costato almeno quattro miliardi di dollari. Si tratta di una struttura lunga 1,8 chilometri e alta 145 metri, che è anche il più grande progetto idroelettrico del continente africano.
Dopo oltre dieci anni di lavori, di sacrifici e di scontri con i vicini dell'Egitto e del Sudan, il mastodontico progetto della "Grand Ethiopian Renaissance Dam" è quindi infine stato completato e inizierà ufficialmente da oggi a generare energia elettrica. Per permetterlo, lo ricordiamo, oltre all'erogazione di prestiti governativi è stato chiesto ad ogni dipendente pubblico di contribuire con un mese di stipendio. A lungo, secondo gli analisti, il progetto è stato sull'orlo del fallimento.
«Questa grande diga è stata costruita dagli etiopi, ma a vantaggio di tutti gli africani, perché tutti i nostri fratelli e sorelle in Africa ne beneficino», ha detto un alto funzionario presente all'inaugurazione, come riportato dall'AFP. È previsto che al suo completamento la diga possa generare oltre 5.000 megawatt, raddoppiando la produzione di elettricità della nazione africana.
L'ira dei vicini
Il progetto ha generato sin dalla sua nascita le ire di Sudan ed Egitto, Paesi che dipendono dal Nilo per le loro risorse idriche. Anche perché l'Etiopia ha deviato l'acqua del Nilo per riempire un vasto serbatoio dietro la diga.
L'Egitto, che si trova a valle e dipende quasi completamente dal Nilo per l'irrigazione e l'acqua potabile, è preoccupato che la diga possa influenzare i livelli di acqua che entrano nel paese. Vuole quindi una garanzia di un certo volume d'acqua in arrivo in Egitto. Una protesta simile (seppur in toni minori) è stata inoltrata anche dal Sudan. L'Etiopia è invece riluttante ad essere legata ad una determinata cifra di acqua da rilasciare, poiché la sua priorità è assicurarsi che ci sia abbastanza acqua per far funzionare il più grande impianto idroelettrico dell'Africa.
Per il governo del Cairo l'Egitto ha un «diritto storico» sul fiume, tanto che nel 1929 ha firmato un trattato con il Regno Unito (la potenza coloniale presente allora in Sudan) per poter ottenere un diritto di veto sulla costruzione di progetti sul fiume. Nel 1959 è poi stato trovato un accordo sulle quote del Nilo tra il Sudan e l'Egitto. L'Etiopia, però, non essendo mai stata parte degli accordi non si è mai considerata vincolata. Da qui le dispute e la necessità di un nuovo trattato, nel 2010, che ha tolto il veto all'Egitto, permettendo la creazione di progetti di irrigazione e dighe.
«Come potete vedere, quest'acqua genera energia e poi continua a scorrere come prima verso il Sudan e l'Egitto, contrariamente alle voci che gli etiopi volevano bloccare l'acqua per farli morire di fame», ha concluso a riguardo Abiy Ahmed.